Prosegue la campagna della Lega per giustificare l'uso delle armi contro i barconi (perché, si sa, i profughi sono come i brigatisti).
Oltre a rilevare che la Lega si era espressa contro l'intervento militare in Libia (in nome di un pacifismo parecchio interessato), non si può non notare che tutto questo schifo fa parte di una precisa strategia.
Di leghe ce ne sono molte, e le correnti di pensiero (!) prendono spunto dal cognome dei capibastone (in questo caso, il bastone non è metaforico): c'è quella nervosamente governativa di Maroni, c'è quella western di Speroni, c'è quella arroccata di Castelli, c'è la linea young di Tosi. C'è Cota che si occupa della costa piemontese e c'è Zaia che mena il can per la propria regione, alternando dichiarazioni bellicose ad assunzioni di responsabilità ispirate al buon senso.
L'insieme è allucinante, ma è molto preciso, sotto il profilo politico ed elettorale. La Lega ha capito che, in occasione della grande discesa nei sondaggi del Pdl, può aumentare i propri voti, nonostante l'evidente corresponsabilità nel fallimento del governo nazionale. E, d'altra parte, la Lega sa che i profughi sono un ottimo combustibile per il proprio serbatoio. A patto, ovviamente, di sembrare ancora una volta forza di opposizione e di presentare il problema come irrisolvibile.
Nel mare magnum del leghismo-di-governo-che-finge-di-essere-all'opposizione annega la dignità del dibattito pubblico italiano. Con il benestare di B, in tutt'altre faccende affaccendato, e di Bossi, che commenta quello che accade e le dichiarazioni dei propri colleghi come se fosse un marziano e non un ministro della Repubblica di una qualche influenza.
Marziani, appunto, sembrano questi politici: anche loro, del resto, sono verdi. Anche loro ci hanno invaso. Senza che ce ne accorgessimo.
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