All'interessante articolo in cui mi si tirava in ballo questa mattina hanno già risposto altri (Pietro e Raffaele, per esempio).
Facciamo, però, il punto della situazione, circa le nostre sfide da un anno a questa parte (il 'noi' è perché siamo tanti, non per uno strano vezzo retorico, eh).
Nell'aprile del 2010, dopo una quasi sconfitta elettorale, chiedemmo di Andare Oltre, di immaginare un centrosinistra unito, al di là delle etichette e delle degli strateghi, che lavorasse sui temi del Nord (senza avere paura di confrontarsi – anche duramente – con il fenomeno della Lega), sui giovani (i giovani elettori, non i giovani dirigenti) e sulla possibilità di riscoprire il Sud (dove purtroppo le cose continuano ad andare molto male). Che non partisse dalle correnti e dai loro capi, che negasse addirittura l'uso del cognome, per spersonalizzare le idee e per mettersi a disposizione degli altri. Con coraggio, altruismo e fantasia, dicemmo allora.
Poi sconsigliammo, in ripetute prese di posizione lungo tutta l'estate, di credere nel governo tecnico e nelle manovre di Palazzo, ma di puntare sulla crisi strutturale della maggioranza, per rilanciare una proposta di governo che fosse prima di tutto nostra, dei nostri alleati e soprattutto dei nostri elettori. Non credevamo nella grande alleanza in Parlamento e ci sentivamo di dubitare della grande alleanza nel Paese, soprattutto perché il contributo del terzo polo, da molti considerato decisivo, era secondo il nostro umile avviso, molto sopravvalutato.
Invitammo tutti a una campagna d'estate, che per noi si tradusse in un lungo viaggio attraverso il Paese, alla ricerca delle ragioni dell'astensionismo e della sfiducia, proprio mentre in Parlamento si cercava una fiducia improbabile (e irresponsabile).
Chiedemmo al Pd di semplificare il quadro politico, di puntare sulle primarie (mentre tutti, segretario compreso, sembravano metterle in discussione) e sulla nostra capacità di leadership. Di non temerne il risultato, perché la partecipazione di tutti era più importante delle ossessioni di pochi.
Andammo a trovare il Movimento 5 Stelle a Cesena, girammo un documentario e aprimmo un dibattito, nella speranza che il Pd comprendesse alcune ragioni dei ragazzi che ne fanno parte (e che le prendesse sul serio).
Dal lavoro collettivo di cui abbiamo detto emerse un breve ma utilissimo dossier sulla Lega e sulle sue contraddizioni, uno sulla questione dell'immigrazione (delicata e però per la prima volta comprensibile), uno sulla Costituzione, in vista del 150°.
Poi organizzammo Prossima Italia, l'incontro politico più partecipato dell'anno, per parlare di quello che ci attende e della 'prossima' Italia, delle idee da mettere in gioco, in un format che ci hanno copiato quasi tutti. In quella bellissima sede, scegliemmo il vento (profondo) come parola e come movente della nostra iniziativa politica.
Nonostante fiumi di inchiostro farebbero pensare il contrario, si parlò poco (quasi nulla) di «rottamazione», in quella tre giorni, anche se si partiva da quelle due questioni statutarie di un qualche interesse che è il caso di riproporre: limite dei mandati e primarie per scegliere i parlamentari. La domanda che ci ponevamo e che ci poniamo è semplice: nella Terza Repubblica i protagonisti saranno quelli che provengono dalla Prima, o vogliamo immaginare qualcosa di diverso? La domanda è ancora attuale. Anzi, lo è di più.
In più, abbiamo continuato a parlare delle ragazze e dei ragazzi di questo Paese. Anzi, abbiamo cercato di parlare alle ragazze e ai ragazzi di questo Paese. Abbiamo chiesto che tutti si rivolgessero loro, e alla domanda di politica che esprimevano o che covava, sotto le ceneri di questi vent'anni. Parlammo di ventenni per superare il ventennio da cui proveniamo e scrivemmo anche un piccolo manifesto politico, in merito.
Tutti temi che sono stati (puntualmente) valorizzati nelle ultime settimane.
Come, ad esempio, la dura presa di posizione contro l'apertura del Pd alla Lega, di cui si è parlato molto nei giorni che precedevano il 17 marzo (perché a noi le cose difficili piacciono…).
In più, in questa campagna elettorale, oltre a sostenere il centrosinistra come abbiamo potuto e dove abbiamo potuto (praticamente dappertutto), siamo stati tra i primi (all'inizio in grande solitudine) a chiedere che il Pd credesse nella partita di Milano e di Napoli (altri, platealmente, dicevano che non ci sarebbe stata per noi alcuna possibilità) e, per entrare in alcuni dettagli di una qualche importanza, a suggerire che ci fosse comunque un'intesa con il nuovo sindaco di Napoli (proprio in occasione della nostra fermata partenopea) per una vittoria che tutti avrebbero escluso, fino a qualche mese fa.
Da ultimo, sui referendum qualcuno investe da un anno, altri proprio no. Qualcuno ha chiesto, nell'ultima direzione nazionale, di sostenere i 4 sì, senza troppi distinguo e senza troppe incertezze. Anche questo è successo, nelle ultime settimane. E meno male.
Al gioco della gherminella mi sottraggo. Ma non vorrei che l'eterogenesi dei fini (anche nel senso del leader politico omonimo) ci facesse pensare che chi sta oggi commentando la vittoria ci credesse davvero, nella possibilità di vincere così.
E chi pensa che ci sia solo Macerata, dove abbiamo candidato il vicepresidente dell'Udc contro il presidente del Pdl, forse non riesce a cogliere la complessità della situazione. O la nega, che è anche peggio.
Da ultimo, chi pensa che il più sia stato fatto, che il governo sia spacciato, che siamo già al punto d'arrivo, è da invitare a continuare nella 'giusta' direzione e a non perdersi. A sinistra, in questi anni, è capitato troppo spesso.
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