Perché anche questa volta non è il voto di questo o quel partito (anche perché l'unico partito che ha da subito sostenuto la campagna referendaria, stricto sensu, è stata l'Idv).

Sarebbe il caso di riconoscere immediatamente un grande, grandissimo merito ai comitati promotori, spesso ai margini della politica di Palazzo, e di un movimento che ha attraversato il Paese per un anno intero, spesso snobbato dalla politica ufficiale. Senza etichette, senza paternità.

Se proprio si deve leggere in termini politici più classici, c'è da segnalare la grande partecipazione al voto, anche di elettori che non sono andati a votare per tanti anni e che sono tornate a votare questa volta: il famoso partito dell'astensione, che è stato sollecitato dalle questioni in campo e che si spera sarà considerato anche per le prossime scadenze politiche.

C'è da segnalare che il centrosinistra nella sua versione coraggiosa è stato premiato anche questa volta e anche questa volta ha contato il crollo di consensi del governo, ma anche in questo fine settimana (il terzo di questa bella primavera) ha contato soprattutto la volontà di partecipazione degli elettori del campo progressista, che sono andati a votare senza eccezioni. E la loro spinta "dal basso", che si era già manifestata un anno fa, al momento della raccolta delle firme.

In questo senso è un bene che il Pd – nonostante numerosi distinguo e una grande freddezza iniziale – abbia sostenuto la battaglia, nelle ultime settimane, come ci auguravamo da tempo.

Da ultimo, ma forse per primo, il fatto che tre referendum fossero dedicati a temi ambientali, ci ricorda che il nostro è l'unico Paese europeo (e non solo) in cui la politica istituzionale tende a sottovalutare le battaglie ambientali, come se non fossero un fatto strategico. E invece l'ambiente lo è, decisivo, sotto il profilo politico e culturale e, 'scopriamo' oggi, anche elettorale.

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