Lo schieramento politico sembra essersi diviso tra due scuole, che superano i confini tradizionali del dibattito pubblico del nostro Paese.

Da una parte – ed è lo schema ormai tradizionale, nell'Italia degli ultimi vent'anni – c'è chi crede che l'innovazione passi da un'ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro e da un intervento drastico sulle pensioni (sostenendo la manovra con i sacrifici del lavoro dipendente, soprattutto), dall'altra chi pensa ai patrimoni e alle riforme strutturali, a cominciare da un forte intervento in campo fiscale, attraverso un inedito contrasto all'evasione e grazie, soprattutto, a uno spostamento cospicuo di risorse dalla rendita al lavoro e agli investimenti (dall'una tantum all'una semper, come scrive oggi Tito Boeri).

Le due Italie sono diverse, hanno ovviamente qualche punto in comune, ma si stanno allontanando molto, in questi giorni di agosto. Decidere da che parte stare significa anche avere in mente un progetto di Paese che valga per i prossimi anni e non solo per le prossime settimane. Perché il momento è di quelli decisivi. Lo si dice sempre, ma questa volta è tremendamente vero.

La politica deve trovare le parole per raccontarlo e deve trovare il coraggio per indicare una strada. E poi intraprenderla con decisione, senza temere di perdere il sostegno di questa o quella categoria, di questo o quel settore. Perché quello che accade ora, influirà molto, sia sui risultati elettorali delle prossime politiche, sia sui risultati economici e sociali del nostro Paese per il suo futuro.

Rendersene conto è la prima cosa da fare, subito.

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