I fatti di Libia completano uno schema ormai maturo di cambiamento sociale, politico e forse economico nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Sorgono delle domande quasi ovvie: se la Ue riprendesse ora i sentieri interrotti del Processo di Barcellona, in chiave euromediterranea, ampiamente disatteso? E se l'Italia raccogliesse questa sfida, una delle poche che le siano rimaste in campo internazionale, dando un senso alla propria storia patria (come ci ricorda il testo di Barberis dedicato all'unità d'Italia e al suo Bisogno di patria da non equivocare)?
Non è un'unificazione, è qualcosa di più complesso, rispetto a quello che successe dopo il 1989. Un sistema di relazioni, uno spazio politico che non si riduca allo schema post-coloniale e alla fortezza dell'emergenza sicurezza. Che colga tutte le opportunità che si presentano, facendo tesoro degli errori del passato recente e di quello remoto. Che rimetta in questione il dibattito culturale, il confronto e l'apertura (anche critica) tra sponde diverse di uno stesso mare. Luogo di scambio, di incontro e anche di profitto, che in un tempo nuovo potrebbe anche darci soddisfazioni inaspettate.
Non un piano Marshall sul Nord Africa, non ci sono le risorse, né l'opportunità, né le condizioni strategiche per promuoverlo. Un percorso chiaro, sul quale coinvolgere l'opinione pubblica, con la possibilità di creare una collaborazione e un circolo virtuoso tra le classi dirigenti dei vari Paesi. Quelle che ci sono e, soprattutto, quelle che ci saranno.
Se la Ue esistesse fino in fondo, perché anche di questo si tratta, lo farebbe, senza affidare il destino del mare su cui si affaccia ancora una volta ai singoli percorsi nazionali e ai particolarismi di ciascuno.
E lo dovrebbe fare con una politica europea, però, che sia interpretata da una generazione di cittadini (e di loro rappresentanti) che sappiano che anche da qui passa il futuro delle loro comunità. Quello che è stato l'89 per molti dei nostri genitori, ormai più di vent'anni fa, è quello che tocca alla generazione presente. Sempre che voglia ritrovare lo spazio politico per sé e per chi le sta intorno.
Perché il mondo esiste. E prima che arrivi nel nostro caseggiato e prima che si traduca in un problema di integrazione a livello locale, dovrebbe essere posto a livello internazionale, soprattutto con i vicini di casa. Che si chiamano così, proprio perché abitano a un passo da noi. E potrebbero bussare, anzi, lo stanno già facendo, all'insegna di relazioni più evolute e più equilibrate. Più mature, insomma, di quelle che finora abbiamo conosciuto.
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