Terza puntata de La rosa dei venti. Siamo a Parma, qui il vento è forte, e spazza la piazza, e ha i toni esasperati delle città moderate quando perdono il controllo. Perché qui è successo qualcosa di grave. E ancora succede.

Ne aveva scritto, alla fine di giugno, Luca Sofri:

Ho visto sulla tv online della Gazzetta di Parma le proteste dei cittadini fuori dal Comune dopo gli arresti e le rivelazioni sui numerosi casi di corruzione che hanno travolto impiegati e dirigenti del Comune e imprenditori parmigiani. C’era, tra le molte persone che urlavano “dimissioni, dimissioni” e “vergogna, vergogna”, una signora che con espressione fiera e soddisfatta, persino divertita, sollevava le braccia incrociando i polsi come se fossero ammanettati, augurandoli ai suoi amministratori.
Una scena deprimente, ennesima concretizzazione – non sono mancate in questi vent’anni – della macchietta di Bracardi che voleva tutti “In galera!”. Non so come possa portare contentezza a qualcuno – a quella signora, a molti altri – lo sperare, tornando a casa, che delle persone vadano in carcere, e che questa sia la priorità in un sistema culturale devastato e alla cui devastazione si sommano questi approcci a volte animaleschi e spontanei e altre coltivati per costruirci sopra fortune politiche o editoriali. Ma pur non traendo nessuna soddisfazione nel saperli stanotte in carcere, condivido anche con quella signora un deluso disprezzo per gli scellerati avidi che si sono fregati i soldi pubblici raccontando che le rose del Lungoparma costavano 180 mila euro. Non per i 180 mila euro, ma per quello che ci fanno diventare, loro e quelli che sono venuti prima di loro, e quelli che verranno dopo. Stronzi.

«Sono spostati», dice qualcuno, mentre intorno a un tavolo della Festa democratica di Parma, si discute degli indignados locali. Una piazza tra le 300 e le 500 persone, che attraversa il dibattito cittadino, chiedendo a gran voce le dimissioni del sindaco Vignali. Sì, proprio l'erede del «Modello Parma», su cui la destra aveva molto puntato, per dimostrare che anche in Emilia potevano fare bene, quelli del governo del fare. Infatti, hanno fatto malissimo.

Più che sul concetto di «spostati», consiglio di riflettere su quello di «spostamento». Non solo dei consensi, ma dei punti di vista e dei temi che popolano la conversazione a livello locale. Perché intorno alla piazza, c'è un sentimento che predomina, e che ne condivide il tono arrabbiato e la voglia di qualcosa di diverso. Perché quella piazza è sintomo di molto altro, è il segnale più eclatante che qualcosa non abbia funzionato. Non solo a Parma, più in generale.

Prima di dividersi tra simpatizzanti e antipatizzanti, la politica istituzionale dovrebbe pensare a come accompagnare questa protesta. Come interloquire con i manifestanti, che cosa rispondere e che cosa proporre.

Urge una «mappa del dissenso», che riguarda, oltre alle vicende giudiziarie, alle rose milionarie e al sistema di potere che si è costruito intorno al sindaco, anche temi amministrativi tradizionali, dagli asili nido ai rifiuti. Oltre all'analisi, però, è necessaria una straordinaria capacità di rispondere, forte e chiaro, alzando il tiro e la posta. Perché è evidente che in questi casi, come in molti altri, non bastano le frasi di circostanza, no, ci vuole anche un impegno preciso: che chi vince la prossima volta, non occuperà il potere, nominerà soltanto in relazione alla competenza, punterà al risparmio e alla trasparenza, per un Comune in condizioni di bilancio disastrose. Perché il Comune non sia più il Facebook degli amici del sindaco. Perché il sistema delle partecipate si ridimensioni e ritorni a rispondere al municipio e ai cittadini. Senza quell'impegno, prevarrà inevitabilmente il «tanto sono tutti uguali», che purtroppo non fa riferimento all'articolo 3 della Costituzione.

Non si tratta, perciò, di blandire chi manifesta, nella peggiore delle tradizioni del cortocircuito tra piazza e palazzo (in questo più che in altri casi, tra l'altro), ma di rispondere al tema che è stato sollevato, e di farlo con coraggio, facendo un passo più lungo del solito e mettendosi in discussione, perché questione tra le più attuali è proprio quella che riguarda i rapporti tra politica e sistema delle imprese.

Le elezioni si avvicinano. Il centrosinistra che punta a tornare al governo dopo quasi quindici anni di sconfitte. Era il 1998, quando il predecessore di Vignali si impose, nella roccaforte rossa, in cui l'Ulivo (e prima il Pci e poi il Pd) hanno sempre vinto, in ogni competizione possibile. Perdendo, però, ripetutamente proprio le elezioni comunali.

Il tema dell'inamovibilità qui ha una declinazione particolare, perché gli arresti che hanno scosso la città riguardano figure che tutti associano al sindaco attualmente in carica. La maggioranza, per ora, non fa una piega, e la protesta monta ancora di più. Il sindaco, in tono sprezzante, fa sapere che lui va fino alla fine. Era l'uomo delle pubbliche relazioni della Parma bene, ora le nega, le relazioni, soprattutto quelle pubbliche. E si appresta a lasciare, in ogni caso, la guida della città. Resistendo, a qualsiasi costo. Vignali è un simpa, era lo slogan di cinque anni fa. Ora, certamente, lo è un po' meno.

Si attende, a breve, un rimpasto di giunta. Ma è del tutto evidente che non basterà a placare gli animi. Piove, mentre ne parliamo, e la prima persona che arriva dice: «Piove, ma questa volta non è colpa del governo». Intendendo dire, che se piove, è colpa del sindaco, ovviamente. Il clima è pesante. E anche l'opposizione si deve muovere, se non vuole essere confusa. Deve indire le primarie, risolvere i maledettissimi contrasti interni e lanciare una sfida che qui è politica e culturale insieme. Perché anche in Emilia si attendono in molti un segnale sulla politica e sulla sua organizzazione.

Massimo Cappuccini, che dirige un giovane quotidiano indipendente, sostiene che non è del tutto chiaro cosa succederà. Se dalla piazza nascerà una lista civica, tra il Movimento 5 Stelle e il Popolo Viola, per capirci. Se qualcuno nella destra riuscirà a riprendere quota, magari ripartendo proprio da quella piazza, e tornando a cavalcare antichi temi, come quello dell'inceneritore, che in passato è stato un ottimo argomento elettorale e un pessimo contenuto amministrativo. Perché Parma ha chiuso l'inceneritore, e intorno a quello nuovo le polemiche sono accese, e sono trasversali. Le diossine sono già entrate nel dibattito, insomma, sotto ogni punto di vista. E si spostano velocemente, da un capo all'altro dello schieramento politico. Un po' come il vento che soffia, in direzione ostinata e contraria, nei confronti della politica nel suo complesso. Senza fare troppe distinzioni, come capita sempre più spesso di questi tempi. Ed è per questo che ci vuole ancora più impegno, nel volersi distinguere, sulle cose che contano. E a decidere quali siano, sono gli elettori, è il caso di non dimenticarlo.

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