Se lo chiede e ce lo chiede Marco De Allegri, da tempo molto impegnato (e troppo poco ascoltato) contro la cristallizzazione corportativa degli ordini professionali. Perché in questa manovra ci sono molte ipotesi di «cura» e molte «ricette», ma pochissimi farmacisti.

Non c'è solo l'articolo 8, nella manovra finanziaria si segnala che anche l'articolo 3 è un vero capolavoro di gattopardismo: il titolo annuncia la liberalizzazione delle professioni mentre in realtà, al di là dei proclami contenuti, nel testo si conferma senza alcuna modifica strutturale l'attuale ordinamento, anzi: si introduce l'obbligo della «formazione permanente continua» per i professionisti a pagamento e gestita in regime di monopolio dagli ordini.

Per quanto riguarda, poi, i notai e in particolare le farmacie vengono confermati e anzi rafforzati i vincoli territoriali, così da impedire a famacisti laureati e abilitati che non siano figli di titolari di farmacia l'apertura di un nuovo esercizio. Qui l'intervento della Fofi (l'ordine nazionale dei farmacisti), che vanta un proprio membro nella commissione igiene e sanità del senato (Pdl), si è fatto sentire. Sappiamo, del resto, che il conflitto di interessi è prassi consolidata.

Così il governo liberista si dimostra più corporativo che mai, pasticcia e peggiora una normativa arretrata che tutela solo le rendite di posizione all'interno di queste categorie a danno di molti professionisti e dei consumatori in generale. Oltre al pessimo articolo 8, il Pd dovrebbe fare una forte battaglia anche sull'articolo 3 che peggiora le opportunità di quei figli e di quei nipoti di quelle centinaia di miglialia di lavoratori che ieri hanno manifestato in tutta Italia e che provano ad entrare in una professione.

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