Adesso si menano sul Molise. Abbiamo perso, no, abbiamo vinto, no abbiamo quasi vinto. In realtà, si conferma una tendenza nazionale: il centrosinistra cresce, il Pd meno di quello che ci si aspetterebbe (eufemismo). E l'affluenza al voto cala. E alcune cose di una qualche importanza, come avere qualche donna in lista (incredibile non ce ne fosse nessuna), sono di triste attualità.
Per il resto, lo ribadisco, il problema non è quello della alleanza, ma del progetto politico.
Del coraggio che ci si mette per cambiare le cose, non del calcolo tattico per rimanere in partita.
Degli impegni che ci si prende, rispetto alla questione morale e ai costi della politica, per incominciare. Magari con un contratto, come quello che abbiamo proposto, redatto dagli italiani e senza scrivania di ciliegio. In cui sottoscrivere una politica che sappia ridimensionarsi, una volta per tutte.
Della scelta degli argomenti, perché per esempio all'ambiente dedicherei molto spazio, rispetto agli zero minuti attuali. E parlerei di diritti civili in modo più civile, e delle coppie di fatto come di un dato di fatto, e delle unioni come una cosa bella, perché lo sono. E metterei al centro le donne, sempre, e una politica che a loro corrisponda, in tutti i sensi.
Il problema è quello delle scelte radicali, da assumere, sul fisco e sulle pensioni, ad esempio, per ritrovare quella «misura dell'anima», dell'uguaglianza, che si traduce in concorrenza leale, in consenso informato, e soprattutto nella possibilità che chi rischia sia premiato più di chi si mantiene o si fa mantenere.
Mai come ora è chiaro che la società italiana ha bisogno di risposte, non «di classe», ma capaci di mischiarle, le classi. Di mettere in ordine i numeri e le parole. Di ridare certezza a quello che si fa. Al tempo in cui lo si fa. Alla qualità che ci si mette.
Solo così potremo recuperare credibilità. E ridare fiducia.
Per questa, le cartoline che manderemo da Bologna alla politica nazionale non si sostituiranno alla famosa cartolina spedita da Vasto, ma completeranno l'album. Racconteranno dei partiti e dei movimenti, della società civile, delle associazioni di categoria, di una rappresentanza diffusa che parla la stessa lingua e si capisce pure.
Se Vasto era una prospettiva troppo stretta, la nostra sarà una piazza Maggiore: si dirà è solo un gioco di parole. Forse sì, ma di parole nuove.
P.S.: a chi vi dice che è una iniziativa di corrente che si somma alle altre che sono state promosse nel mese di ottobre e che così si divide il Pd, rispondete che ci siamo rotti. E che siamo stanchi che ogni iniziativa debba essere travisata. E che ci saranno tutti (novità numero uno) e però ci sarà anche una linea (novità numero due). E ci saranno le persone che la compongono, quella linea (novità numero tre). E che questo lavoro ha già attraversato, in lungo e in largo, il Paese. E tornerà a farlo, dopo Bologna, finché le cose non cambieranno. Perché noi, sia chiaro, andiamo fino in fondo.
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