Napolitano precisa quello che sembrava impreciso, ieri sera. E «la nota che precisa la nota» la dice lunga circa il guaio in cui ci troviamo.
Siamo in un cul de sac, di quelli da film dell'orrore. Con l'ansia che sale. E i muri che si avvicinano. E non succede niente che faccia pensare a una ipotesi di salvezza.
In compenso ci sono varie teorie in campo.
La prima vuole il governo tecnico di unità nazionale fino al 2013, sostenuto dalle forze politiche responsabili (nel senso che la parola aveva prima di Scilipoti, ma con il sicuro sostegno di Scilipoti all'operazione).
A me pare una follia totale, di nessuna praticabilità politica e di nessuna dignità democratica.
Un Parlamento come il presente, fatto per la stragrande maggioranza di truppe cammellate da B nel 2008 dovrebbe gestire per un anno e mezzo il dopo B, facendo la legge elettorale e le grandi riforme di cui questo Paese ha bisogno. A me non sembra né giusto, né sostenibile. E mi sorprende che nel Pd ci siano, in Parlamento, molti che si dicono addirittura entusiasti di questa soluzione.
La seconda vuole il voto subito, dopo che B avrà rassegnato le dimissioni. Un'ipotesi più 'corretta' della precedente, che in questo momento non può non lasciare perplessi per due motivi. Perché si può votare solo a febbraio (prima sembra impossibile) e noi ora, proprio perché abbiamo perso un anno (eufemismo), non possiamo permetterci di andare al voto senza «rassicurare i mercati». Tenendo il fiato sospeso – come se non l'avessimo già, per altro – per altri quattro mesi.
L'unica cosa che potrebbe servire, in questo momento, ma forse è altrettanto irrealizzabile, è un governo del Presidente, che stia esattamente in mezzo tra queste due soluzioni. Un presidente del consiglio scelto dal Quirinale, con un mandato minimo eppure fondamentale, che riguardi proprio quella stabilità che B insegue in queste ore e che fa rima con credibilità.
Un governo che accompagni il Paese nei prossimi mesi e lo prepari al voto, sulla base di una piattaforma imprescindibile di cose da fare. E che però lo accompagni al voto nella primavera del 2012, non «chissà quando». E che non si presenti con un programma mostruoso, come se un governo così, con una maggioranza così, in Parlamento potesse fare tutto quello che non è stato fatto nel ventennio precedente. Cerchiamo di essere seri.
Anche quest'ultima possibilità, però, appare remota. E quindi, a oggi, la situazione è angosciante. Oltre ogni limite, non solo quello dello spread.
Ah, ovviamente, spero di sbagliarmi.
P.S.: nel frattempo, molti stanno cambiando idea. Anche più volte al giorno. Vendola, ad esempio, chiedeva un governo di 'scopo', qualche giorno fa, e ora Sel chiede il voto. Ci deve essere sfuggito qualcosa? Certo, ci è sfuggita l'Italia.
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