Stasera a cena con Gianluca, tra semipresidenzialismo alla francese e semipolitica all’italiana, mi è tornato alla mente un passo a cui sono particolarmente affezionato. Che riguarda il passo da fare (e da tenere) per raggiungere un passo. E non è un gioco di parole: si parla, infatti, di percorsi di montagna, di passaggi stretti, di sentieri che non dobbiamo interrompere. E di quello che si vedrà, una volta raggiunta la prima cima che ci troviamo a scalare. Che poi uno pensa a Monti, appunto.
«Ci troviamo su un pendio che sale verso un valico di montagna mai attraversato prima e non abbiamo alcuna idea della veduta che ci si schiuderà davanti una volta arrivati in cima. Non sappiamo dove ci porterà la gola tortuosa che stiamo percorrendo, ma di certo non possiamo fermarci a riposare qui, su un sentiero in ripida salita. Perciò continuiamo ad avanzare ‘per un motivo’ perché non possiamo restare in piedi a lungo. Soltanto quando (se) raggiungeremo la sommità del valico e osserveremo il paesaggio sull’altro versante sarà tempo di muoversi ‘verso un fine’: non più sospinti da ciò che abbiamo alle spalle, ma attratti in avanti dalle visioni, dalle finalità e dalle destinazioni che avremo scelto».
L’avevo già citato un secolo fa. Il bello di avere un blog.
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