Da anni qui si sente parlare di sicurezza e di territorio. Anzi, per la precisione, di sicurezza e di radicamento. Nel territorio.
A nessuno, però, in tanti anni di propaganda spinta fino agli eccessi è venuto in mente di associare i due termini. Anzi. La sicurezza del territorio è proprio quello che ci siamo curiosamente dimenticati, nell’azione amministrativa. Ed esplode in molti casi giudiziari, proprio nel ‘profondo’ Nord, dove molti leggevano Gomorra con distacco e fastidio, perché la politica non solo non se ne è fatta carico, ma ha addirittura aggravato la situazione.
Perché abbiamo messo videocamere, militari, ronde e pettorine catarifrangenti a ogni incrocio, ma del movimento terra e delle discariche abusive, dell’inquinamento delle falde e delle infiltrazioni (any sense) della criminalità organizzata ci siamo occupati pochissimo. Erano temi da ambientalisti. E si sa, con l’ambiente, come con la cultura, non si mangia. Adesso abbiamo scoperto, per altro, che non si può nemmeno bere, perché la questione riguarda proprio la falda. Che sorpresa.
Il cromo esavalente sversato (parola brutta come quello che descrive) nei campi non è un argomento da manifesto: un tunisino funziona meglio. Com’è del resto molto facile essere forti con i disperati e deboli con i prepotenti.
Per dirla con uno slogan che forse capiscono anche i nostri bravi amministratori, la politica della sicurezza dovrebbe radicarsi nel territorio. Proprio qui, dove una volta era tutta padania. E forse qualcuno si è accorto che la storia che ci hanno raccontato non era vera. Perché la storia si svolgeva da un’altra parte. Dove non c’erano telecamere. No. Le telecamere si spegnevano, da quelle parti.
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