E facciamolo insieme. Alessandro lancia la sfida:

Ma il punto è: chi li ha consentiti, quei comportamenti? Quanti di quelli che postano a rullo banner e figurine e motti e slogan e fotomontaggi e resoconti sui privilegi dei politici hanno effettivamente provato, nel loro piccolo, a iscriversi a un partito e scalzarli dalle loro posizioni? Chi di loro si è preso la briga di presentarsi nelle sezioni del PD, nei circoli del PdL, nelle divisioni territoriali degli altri partiti, e di portarci dentro un atteggiamento diverso con ostinazione, senza mollare, insistendo finché qualcuno non gli desse retta?
Pochi, presumo. E lo presumo perché se fossero tanti si darebbero man forte l’uno con l’altro e la loro voce si sentirebbe per forza: metterebbero in scacco le loro dirigenze, proporrebbero iniziative, si candiderebbero ad assumere incarichi, e avrebbero successo perché sarebbero più degli altri, e più motivati, e più determinati, e più veri.
Pochi ci provano sul serio, purtroppo. Perché mettersi davvero a rompere i coglioni, ve lo assicuro, costa fatica e sacrificio e gastrite e quel boccone di tempo libero che ci rimane in una vita che spesso è già impossibile di suo.
Eppure non c’è altra strada. Non servono le denunce, i banner, le cascate infinite di like su Facebook e l’indignazione spammata su Twitter: si tratta solo di rimboccarsi le maniche e provarci, perché nessuna rendita di posizione, per quanto blindata essa sia, è in grado di sostenere a lungo l’urto dei numeri.

Noi, che già ci siamo, terremo aperta quella porta. E lo faremo volentieri. E con il vostro protagonismo, le cose potranno iniziare a cambiare.

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