Ne avevo parlato giorni fa, della fiducia, e mi tocca tornare sull’argomento per discutere con voi quello che è successo sabato in assemblea nazionale.
Perché Bersani la fiducia l’ha messa, sulle primarie per i parlamentari. E l’ha messa coram populo, non in un’intervista a qualche settimanale o in una delle mille dichiarazioni volanti, ma in assemblea nazionale. E l’ha messa nonostante la palese freddezza di molti pezzi da novanta, che hanno espresso tutte le loro perplessità nel corso del dibattito del sabato mattina. Dimostrando a tutti quanto fosse importante l’argomento, nonostante la superficialità con la quale è stato affrontato finora.
È stato l’unico tema di discussione ad avere attraversato più di un intervento, ed è la conferma che la questione è tutt’altro che secondaria: fare le primarie per scegliere i parlamentari è una scelta che cambia la politica in profondità, perché costringe tutti a mettersi in gioco, e il Pd ad aprirsi andando ben oltre le ‘uscite’ retoriche che spesso stanno a significare il contrario.
Dopo l’intervento di Bersani, Bindi, presidente dell’assemblea, ha dichiarato che le ragioni politiche dell’ordine del giorno erano state assunte dal segretario, e che non ci fosse perciò motivo di votare il nostro testo.
Ora, fossi stato segretario io, per dare un segnale più forte, avrei chiesto di votare, magari interloquendo con i proponenti rispetto alla soluzione che si proponeva (interlocuzione che non c’è stata, nonostante il nostro fosse l’unico odg presentato), ma il segretario è Bersani. E si assume fino in fondo tutte le responsabilità, anche quella di non aver mandato un messaggio clamoroso e senza ombre (al Pd servirebbe un atteggiamento del genere, e non solo nei confronti delle primarie).
A quel punto chiedere lo stesso la votazione, anche sotto il profilo ‘tecnico’, sarebbe stato un azzardo e un’insensatezza. Perché è molto probabile che l’ordine del giorno sarebbe andato sotto – sarebbe stato un voto contro il segretario – e perché avrebbe vanificato i nostri sforzi e chiuso (male) la discussione.
Con i sottoscrittori abbiamo deciso di insistere, chiedendo a Bersani di procedere alla valutazione del regolamento che abbiamo preparato, di non lasciar passare un altro anno (com’è accaduto per tutto il 2011), di dare tempi certi all’approvazione in direzione e di non fare propri gli argomenti surreali che avevamo ascoltato in alcuni interventi.
Ora tocca a lui. Solenne l’impegno, solenne anche il messaggio: se non si faranno le primarie per i parlamentari, sarà lecito diffidare del segretario del Pd e del suo partito. E più d’uno, a quel punto, sarà libero di fare le proprie valutazioni.
Lo scrivevo una settimana fa: la fiducia è la cosa più importante. Oggi lo penso ancora di più.
P.S.: non sono Mandrake (da sempre gli preferisco l’Uomo Ragno, che lega e collega), ma non sono un ingenuo. E non ho padrini, né capi corrente. Posso sbagliare, e sbaglio, ma gioco a viso aperto. E sono convinto che la battaglia sia appena iniziata. E non è detto che non si vinca. Nonostante tutto e quasi tutti.
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