Qualcuno lo aveva già scritto un anno fa.
Curioso che si chiami legge Harlem. Perché il quartiere di New York non ha certo conosciuto quello che i leghisti intendono importare, per intervenire sui negozi etnici.
Leggete qui.
Oppure questa frase, dello stesso Giuliani: “It doesn’t matter who owns a store whether it’s black people or white people,” Giuliani said. “I’m not going to ask who owns which store”.
Un precedente influente tutto italiano, che riguarda una norma della Regione è la sentenza 350/2008 della Corte Costituzionale, che trovate qui.
Molti phone center chiusero, gli amministratori della destra festeggiarono, poi la legge fu incenerita dalla Corte Costituzionale, ma nessuno ha ovviamente mai dovuto riconoscere i danni per una legge considerata nulla e completamente ‘cassata’. All’insegna della libera impresa e della concorrenza leale, come sempre accade in Lombardia.
L’altro, del tutto inutile e praticamente mai applicato, è il celeberrimo provvedimento anti-kebab, per cui la Regione finì sull’Herald Tribune. Era il 2009. La legge non ha funzionato e allora ne ripresentiamo un’altra. Pan per focaccia o, visto l’argomento, panino per piadina.
Anche la norma in votazione oggi avrà lo stesso destino delle precedenti e, nei corridoi, non se ne fa mistero: tutti sanno che è solo uno spot per la Lega.
Ironia della sorte, quella in discussione oggi è una legge-kebab, ricca di ingredienti diversi, in questo caso non sempre associati nel modo più coerente ed equilibrato. È certamente di alto contenuto calorico e piccante, ma rischia di rivelarsi indigesta, questa formula, anche e soprattutto se confrontata con i provvedimenti assunti da altre Regioni.
In tutto questo si segnala la doppiezza del Pdl, che accompagna la Lega in questa inutile crociata, ben sapendo che non servirà a nulla. Atteggiamento strumentale e opportunistico, tipico di una forza politica che in Lombardia ha sempre tollerato le iniziative leghiste, anche quelle più improbabili. E Maullu, l’assessore regionale che aveva espresso tutte le proprie perplessità al momento della presentazione del progetto di legge, oggi vota a favore, per ragioni diverse da quelle della buona amministrazione da lui stesso (allora) richiamate.
L’alternativa, in fondo, è la solita: norme discriminatorie (e quindi impugnabili e quindi inutili) per pochi, oppure leggi e regole per tutti, accompagnate dagli irrinunciabili controlli che le facciano rispettare. Controlli da rispettare, però, perché gli stessi che producono norme discriminatorie, poi condannano i controlli della Guardia di Finanza. E invece proprio quei controlli avevano fatto emergere i lavoratori ‘clandestini’ che si vedono in realtà benissimo nei milanesissimi locali della movida. Con insegne straniere, che chissà se si dovranno tradurre, tra un lounge e
Questione di paradigma: a cominciare dal fatto che, ancora una volta, dovremmo essere più preoccupati di contrastare l’evasione all’interno e non l’invasione dall’esterno.
P.S.: curiosità, a Bologna hanno obbligato a esporre insegne in italiano, eccetto per una parola, entrata nell’uso corrente: il kebab.
P.S./2: altra curiosità, analoga proposta della Lega fu bocciata dal Parlamento nel 2010. «La risposta più ironica era arrivata da un anonimo kebabbaro di Grumello Cremonese che, all’istante, aveva sostituito la sua insegna “Döner Kebab” in “El buffett imbütid de carne”».
P.S./3: ho fatto un’indagine sulle insegne dei kebabbari, partendo da quello sotto casa mia, che si è chiamato per anni Antica pizzeria Manara (patriota, il Manara). Tutti quelli che ho visto, hanno un’insegna (a volte improbabile) ma in caratteri latini.
P.S./4: in Brianza, come in ogni plaga della Lombardia, il kebab è molto popolare, soprattutto nelle ore notturne, anche tra i giovani autoctoni.
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