Ve la dico così: i primi cento giorni del governo Monti dimostrano che c’è un’Italia possibile, diversa da quella degli ultimi vent’anni.

Al di là del merito delle singole misure – di riforme, per ora, non si può tecnicamente parlare -, i primi cento giorni dimostrano, come qualcuno di noi sostiene da tempo, che è fondamentale il cambiamento di prospettiva, l’approccio culturale, la mentalità e anche l’antica topica, ovvero la scelta degli argomenti e delle modalità con cui presentarli e articolarli.

In alcuni campi, è letteralmente cambiato il mondo. Pensate agli scontrini e al recupero dell’evasione dell’Iva. E pensate a quello che accadeva solo qualche anno fa, di fronte a un controllo della GdF. Oppure pensate all’ipotesi che si possano addirittura abbassare le tasse sul reddito, proprio grazie al recupero dell’evasione e a un primo, ancora timido passo verso la tassazione dei patrimoni.

Sono cose che attendevamo da un secolo, e che fanno il paio con la possibile universalizzazione degli ammortizzatori sociali, oggetto di milioni di convegni, in questi anni, senza che nessuno poi pensasse di riformarli davvero.

Oppure osservate l’Europa, demonizzata da una parte e in alcuni casi messa tra parentesi dall’altra, che torna protagonista, grazie anche all’Italia.

Poi certo, altre cose un governo così non le può fare. E non le farà, ma l’abbiamo sempre saputo. Le dovrà fare qualcun altro, le dovrà interpretare una politica diversa, che proprio da questa fase deve ripartire. Per tornare a dividersi. Sulle cose serie, finalmente.

E altre cose non ci piacciono, le avremmo fatte diversamente, anche se bisogna capire chi le avrebbe fatte diversamente, perché è proprio questo il problema. E sarebbe stato meglio non ridursi al baratro, e arrivare a un voto ravvicinato, con cui iniziare una nuova stagione politica. Solo che, tautologia delle tautologie, la politica non era pronta. E il ragionamento ricomincia daccapo.

Anche questo dibattito sul fatto che il governo Monti sia di destra o di sinistra, è davvero bizzarro. Destra o sinistra, quali? Quelle italiane? Perché non si può certo dire che la destra abbia fatto le riforme liberali che molti si aspettavano, nel nostro Paese, né che la sinistra abbia puntato sulla modernizzazione e sull’eguaglianza, troppo preoccupata di se stessa, in questi anni, e dei propri equilibri.

In Italia i ritardi e gli sprechi erano tali, che riguardavano e riguardano il campo prepolitico delle cose da fare “per forza”. Che la crisi ha esasperato, perché il debito pubblico non l’hanno certo provocato i derivati, ma i deviati di una politica spendacciona e irresponsabile (salvo le parentesi dei governi guidati da Prodi, il grande incompreso di tutta questa storia).

Da anni, sostengo che i margini di miglioramento sono di straordinaria ampiezza. Lo abbiamo compreso ora, con qualche ritardo, diciamo così. E sono proprio i ritardi e le incertezze di prima a far risaltare l’azione politica di oggi, che è semplicemente molto meglio di quello che c’era. E che fa pensare che in futuro la sfida politica si potrà formulare in modo nuovo, se la politica sarà all’altezza del proprio compito.

Non cercateli a destra o a sinistra, i Monti sono da un’altra parte. Laggiù, in basso, ci sono Arcore e Pontida, e fumano i caminetti della politica, e a poco a poco chiudono i comitati elettorali di chi non è stato capace. Non dimenticate però che è solo l’inizio. E che c’è quasi tutto, ancora, da fare.

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