Al di là delle valutazioni sul caso Palermo, ci sono due elementi ulteriori da prendere in considerazione, che rischiano di essere sottostimati.
Il primo è che le indicazioni di partito, soprattutto le indicazioni nazionali, non le segue più nessuno. Non è una gran sorpresa, se ci pensate: le difficoltà del gruppo dirigente dei partiti sono note a tutti, tranne forse che al gruppo dirigente dei partiti, che cerca di affrontare le sfide elettorali come se nulla fosse.
Il cartello delle forze politiche che sostenevano ufficialmente Rita Borsellino copriva quasi il cento per cento della coalizione, due terzi degli elettori, invece, hanno scelto diversamente. E ciò vale per il Pd, quindi, ma non solamente per il Pd: anche per i suoi storici ‘avversari’ delle precedenti primarie.
Il secondo elemento da considerare è che i livelli locali dei partiti stessi si muovono come credono, senza seguire ciò che Roma suggerisce: succede a Palermo nel centrosinistra ma se ci pensate succede a Verona con la Lega e con Tosi.
I dirigenti locali si stringono intorno a personaggi carismatici e signori delle preferenze e se ne infischiano del resto. Ciò avviene soprattutto in assenza di una linea chiara: nel caso di Palermo, ad esempio, la questione andava risolta (o, quantomeno, affrontata) mesi fa. E invece.
Si dice spesso che il Novecento è finito da un pezzo, ma spesso chi lo dice tende a far finta che la cosa non lo riguardi. E si sorprende ogni volta delle conferme che provengono da tutto il territorio nazionale.
La politica è cambiata e sono cambiati i comportamenti degli elettori: indovinate cos’è rimasto uguale a se stesso?
Chi azzecca la risposta, vince le prossime primarie.
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