Ne avevo già parlato qui. Ma voglio tornare sull’argomento.
Scrivevo così:
Sapete quanti tecnici ci sono in giro? Maestri dell’amministrazione, cultori del bilancio, attivisti del volontariato, scienziati dell’organizzazione. Che lavorano insieme, nei tanti Comuni italiani. E spesso con risultati più che dignitosi, nonostante le grandi difficoltà del momento. Un momento che dura da un secolo, per altro.
Ecco, se fossi nei nostri candidati, insisterei su questi temi. Anche perché le politiche di bilancio, in questa fase, sono molto sentite. Più di altre, perché c’è la recessione. E il patto di stabilità. E le difficoltà delle famiglie.
Le campagne elettorali tutte dedicate alla «sicurezza» sembrano lontanissime: ora a «sicurezza» va aggiunto l’aggettivo «sociale».
Oltre a promettere le cose (e le promesse, in Italia, in queste ultimi vent’anni, si sono già consumate tutte) si dovrebbe premettere di sapere fare quello che si propone. Di avere gli uomini, le idee, e le proposte realizzabili da presentare ai cittadini. In modo trasparente, con toni meno altisonanti e con la concretezza che serve oggi (non la «retorica della concretezza», che ha accompagnato i governi meno «concreti» di tutti i tempi).
Ecco, in questo senso, il punto di vista ‘tecnico’, molto di moda, può convincere anche quell’elettorato moderato (nostra eterna ossessione) e soprattutto gli sfiduciati e i disillusi.
Il problema è che i tecnici non sono stati votati, dice qualcuno. Ecco, tra qualche settimana avremo l’occasione di votare per un tecnico. E non è poca cosa.
[A filo d’erba, libera traduzione di Grassroots: le puntate precedenti]
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