Francesco Astore, torinese, da sempre militante (e mobilitante) sulla soglia tra le forme tradizionali della politica e i movimenti, la pensa così, su Grillo e noi. Il dibattito si arricchisce.
Facciamo vincere Grillo (ma non come spera lui).
Ci sono tante cose che non condivido di Beppe Grillo, ma per una volta vorrei capovolgere il ragionamento e dire: e se lo aiutassimo a vincere davvero?
Grillo in questo momento sta intercettando il bacino elettorale più corposo di tutti: la gente incazzata. E lo fa nel modo che da sempre si usa per radunare gli arrabbiati: dosi da cavallo di populismo, semplificazioni (e forzature) per piacere a tutti, la manichea divisione tra “noi” (il popolo, i giusti, gli incolpevoli) e “loro” (i politici, i poteri forti, le banche, purtroppo anche i rom e gli immigrati). La sua battaglia, dice, è perchè cambi la politica italiana e per permettere ai cittadini di occupare le istituzioni.
Lo fa nella maniera sbagliata: induce i cittadini a pensare che sia tutto semplice, che se ci fossero “loro” invece degli “altri” tutto andrebbe bene perchè tutto è risolvibile in un attimo. ovviamente non è così: ci vuole un lavoro immane per rimettere sui binari corretti l’Italia, e non saranno certo un gruppo di volenterosi scelti con le primarie on-line (ma alle volte si son fatte delle strane eccezioni) a cambiare le cose: anche perchè (e questo è un altro grande argomento) gran parte delle colpe non sono dei politici, che alla fine sono chi più chi meno passeggeri, ma di un’enorme macchina pubblica fatta di dirigenti inadatti ed inamovibili, di una burocrazia inestricabile, oltre che di un mondo privato fortemente familista e spesso molto tradizionalista.
Per simili sfide ci vogliono partiti in grado di mettere insieme sindacati, movimenti, comparti industriali: ci vuole una politica estera forte ed un’Europa che garantisca crescita e sviluppo sociale.
Immaginiamo allora che il Pd faccia alcune cose: dia un limite ai mandati dei propri parlamentari e consiglieri regionali, si apra alla società civile mettendo al primo posto per i segretari di zona il dovere di fare iniziative e dibattiti pubblici per permettere agli eletti un rapporto sempre più diretto con il territorio: si intensifichi l’uso di internet, usi sempre le primarie.
E già che c’è si ponga come obbiettivo un rinnovo massiccio della classe dirigente, usi i rimborsi elettorali (dopo averli MOLTO diminuiti) per fare formazione ai neoeletti, fin dalla circoscrizione: metta in rete le straordinarie competenze che i cittadini sono in grado di fornire agli eletti, e faciliti lo scambio di competenze.
Crei un grande programma di riforme, e lo attui ovunque governi: è quella la sua missione: l’antipolitica si sconfigge facendo più politica. I partiti devono mettersi in discussione ed agire subito. Grillo è un sintomo e non la cura, come la febbre che ci costringe a prendere medicine, il populismo dilagante necessita una cura massiccia di democrazia per il paese. Così facendo, il ruolo di Grillo perderà ogni significato. Lui si arrabbierà moltissimo, ma forse poi capirà che il suo furoreggiare in piazza avrà contribuito molto di più così di quanto farebbe prendere il 7 o l’8% alle elezioni.
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