Mi fa piacere che oggi lo dicano e lo scrivano tutti (tranne la segreteria del Pd, che va avanti così, «senza se e senza ma», beati loro).
Sono cose che ripeto ormai da anni, perfettamente inascoltato: che bisogna attaccare la Lega (non farle pesanti ammiccamenti), che il Terzo Polo esiste solo nei politicismi di Palazzo e che si deve interpretare il voto al M5S prima che, superando una certa soglia, diventi una forza alternativa al centrosinistra (che poi, come corollario, ci conduca tutti alla sconfitta alle elezioni politiche).
Che il Nord non lo rappresenta più nessuno e il Sud si è auto-organizzato intorno a formule di difficile comprensione non appena si supera il Volturno. Che si vede una certa sclerotizzazione al Centro, nel senso geografico del termine: e un drappo pietoso copra Siena e le sue ricchezze perdute.
E che non ci si deve fermare ai risultati parziali e alle percentuali, ma guardare ai dati e ai «valori assoluti». E che ci vuole «qualcosa di nuovo» (perché innovazione non è il contrario di tradizione, ma il suo inveramento).
Eh, già.
La mia però non è una sindrome da Cassandra, perché penso che le tragedie – facili da prevedere, per altro – possano essere evitate. Solo che bisogna fare «qualcosa».
Lo scrive Massimo Giannini, oggi, su Repubblica:
L’Italia “rossa” resiste, e semmai riallarga i suoi confini nelle zone in cui li aveva ridotti da anni. Ha ragione Bersani a rivendicare il risultato. Ma al leader del Pd non può sfuggire che il suo partito al momento vive e vegeta soprattutto grazie ai collassi dell’avversario. Non può sfuggirgli che il “grande partito dei progressisti italiani” oggi arriva a stento al 25%. Non può sfuggirgli che, nonostante le ultime “riconquiste” di schieramento, le insegne che svettano sui municipi di Milano o di Genova, di Napoli, di Cagliari o di Palermo non sono le sue. E quanto alla sconfitta di Parma, non può sfuggirgli l’effetto surreale che produce lui stesso, quando replica “non è vero che perdiamo ovunque contro i grillini, il Pd ha vinto a Budrio e a Garbagnate”. Questa è quasi comicità involontaria.
Infine, con il fallimento del Terzo Polo di Casini e senza una seria riforma della legge elettorale, a Bersani non può sfuggire che di qui al 2013 non ci sono vie d’uscita: può solo riproporre un caravanserraglio simil-unionista, insieme a Vendola e a Di Pietro. Una non-soluzione che forse serve a vincere ma non a governare, e che gli italiani hanno già testato con esiti disastrosi nel 2006.
Sfiancati da un quasi ventennio di Forza Italia, gli elettori ora chiedono con forza un'”altra Italia”. Il Pd è ormai il primo partito della nazione. Tocca alla sinistra riformista riscrivere il progetto. Elaborare i contenuti e individuare il “contenitore” che possa raccogliere l’istanza di rinnovamento sempre più urgente nel Paese. Non ci si può sedere sulla riva del fiume, e aspettare che passi il cadavere dei nemici. Chi si ferma a Budrio e Garbagnate è perduto.
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