C’è una strana sindrome nella classe politica italiana, un nuovo gioco che appassiona i leader politici: il tiro al giovane.
Incuranti di una generazione intera di insuccessi e di vent’anni passati senza contribuire alla crescita di una classe dirigente a cui passare il testimone, i signori della politica attaccano sul piano anagrafico, facendo proprio quello di cui accusano i più giovani. Fanno i rottamatori, alla rovescia, versione Ugolino.
Dopo avere fatto in modo che questo non fosse un Paese per giovani, dopo avere spinto il sistema verso un conflitto generazionale sul mercato del lavoro senza ammortizzare nulla, dopo avere assistito alla fuga di cervelli senza colpo ferire, ora spiegano che non è venuto ancora il momento dei giovani.
Prima bisogna diventare vecchi, insomma.
Oggi tocca a Casini, che era giovane con Forlani e che, emerso dopo la fine ingloriosa del Caf (a ‘uccidere’ il padre ci aveva pensato qualcun altro), ha passato un quindicennio con Berlusconi, ha collaborato con Fini (in quegli anni segretario del Msi), sopportato e però supportato un’alleanza strategica con i Padanians della Family di Gemonio. Tutto in nome della responsabilità, ovviamente, che ormai adotta come intercalare ad ogni discorso.
Oggi, sulla Stampa, attacca Renzi: ve lo vedete in un summit con la Merkel, si chiede, ridendo sotto i baffi (quelli di D’Alema, che cita qualche riga più sopra). Non importa che Renzi andrebbe con l’agenda Monti in tasca (così ha detto di voler fare), che sarebbe la stessa di Casini (secondo me le hanno distribuite a Natale, le agende). Importa che lui sia troppo giovane, e che aspetti un giro, anche se la pensa come lui.
Beh, vorrei dire che, grazie a Casini, che c’era già quando c’era Kohl, per vent’anni ai vertici ci abbiamo mandato Berlusconi. E che l’obiettivo sarebbe proprio quello di uscire da quell’incubo, con figure nuove, professionalità contemporanee e una nuova classe politica. A destra e a sinistra. Che è cosa più complessa della rottamazione reciproca che tanto appassiona gli addetti agli eterni lavori in corso della politica italiana.
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