Dopo vent’anni di sproloqui indentitari, dispiace rilevare che è stato ulteriormente compromesso quello che si vede quando si aprono le finestre di casa propria e si guarda al paesaggio della nostra Lombardia. Oltre al «sacro suolo» violato e vilipeso dal cemento a tutte le latitudini, il paesaggio è rimasto sullo sfondo delle politiche regionali. Ma non quale «scenario» imprescindibile su cui scorrono i nostri movimenti e le nostre vite: proprio come se non ci fosse.
Il paesaggio deve diventare una priorità nell’agenda della prossima Lombardia perché se declinato come possibile luogo di rinascita culturale e economica della regione, si porrà come un centro di attrazione centripeta di professionalità, innovazione e risorse.
Nel 2011 la Regione Lombardia ha approvato un nuovo Piano Paesaggistico molto articolato e pieno di buoni principi ma privo di indicazioni stringenti e senza una strategia definita. Perciò i Comuni e altri enti territoriali si muovono in modo autonomo e discordante. In altri capitoli abbiamo già sostenuto la proposta sulla progressiva riduzione del consumo di suolo e un’urbanistica finalmente rispettosa delle aree agricole, soprattutto di quelle che si collocano a margine dei centri abitati: è certamente una tappa fondamentale, ma è solo il punto di partenza.
Il paesaggio dunque va ritrovato: va raccontato di nuovo come luogo di natura ma anche di agricoltura e come luogo che ci racconta storie di artigianato secolare, di produzione di prodotti unici e naturalmente come luogo che accoglie le nostre città, anzi l’unica grande città che si sviluppa, come fosse la via lattea, da Varese fino a Brescia, passando per la metropoli milanese.
Il paesaggio deve tornare al centro delle politiche regionali, aprendo un grande dibattito pubblico che valuti alcune scelte, riguardo alle infrastrutture, all’energia e alle reti e punti sulla valorizzazione delle aree verdi, degli scenari naturali ancora preservati, della fascia alpina e prealpina come della campagna della Bassa (con particolare riguardo ai nostri fiumi, ormai considerati soltanto come un grande problema dal punto di vista idrogeologico).
A questo fine, la prossima Lombardia avrà un forte coordinamento a livello legislativo tra le misure che riguardano l’ambiente, i beni culturali, il turismo e appunto il paesaggio. Sono quattro elementi strettamente legati tra loro: una buona normativa di tutela ambientale non può prescindere da politiche sul paesaggio e sui beni culturali che stimolino a loro volta percorsi di scoperta e visita del territorio lombardo, diventando incentivo ai flussi turistici (interni e non). Con un coordinamento tra gli interventi, perché possa ancora esserci un viaggio (e, di conseguenza, un racconto) attraverso il paesaggio lombardo.
Per finire: proprio per capitoli quali il paesaggio, con elementi di governo che intersecano ambiente, territorio, turismo, agricoltura, parchi, sarebbe opportuna una nuova articolazione delle deleghe assessorili, con una visione meno schematica e più trasversale, attraverso accorpamenti e redistribuzioni nelle direzioni generali. La stessa impostazione andrebbe adottata per il Consiglio Regionale: nella legislatura che si chiude abbiamo dovuto fare i conti con un’artificiosa divisione di competenze che ha avuto effetti negativi per la confusione di attribuzione degli oggetti in discussione e la frammentazione del dibattito e abbiamo dovuto assistere, nostro malgrado, a rallentamenti e accelerazioni nel processo legislativo davvero inspiegabili tra le diverse Commissioni.
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