Ora o mai più: c’è un’aria di crisi e di neve e di disaffezione e di arrabbiatura e di sconcerto e di depressione intorno alla politica italiana. E non da ora.

Dai prossimi giorni dipendono i prossimi cinque anni: non perdiamo nemmeno un minuto perché, se tanto mi dà tanto, quel minuto vale un mese dei prossimi.

Gli argomenti li conoscete (potete ripassarli qui), sapete benissimo con chi si deve parlare per l’ultimo paziente e rigoroso confronto elettorale. Il talk show lo fate voi, al bar, sul pianerottolo, a scuola, sul luogo di lavoro.

Personalmente, la cosa che a cui tengo di più è di assicurare al nostro Paese, per i prossimi anni, un governo solido e una maggioranza definita che lo sostenga.

E di dare battaglia, poi, perché le cose che abbiamo rinviato per troppi anni, tutti quanti, si facciano: dalla legge elettorale ai costi della politica (e alla legge sui partiti), dalla riduzione dell’evasione e delle tasse (perché le due riduzioni devono andare di pari passo), dai diritti a chi non li ha (materiali, politici e civili, per capirci) alla possibilità di tornare a crescere, in modo consapevole e sostenibile.

Un governo così è possibile: i pochi giorni ci parlano anche dei pochi voti che mancano per raggiungere quell’obiettivo. Ed è possibile immaginare a un Parlamento in cui siano rappresentati tutti, politici e civici e rivoluzionari e cosiddetti anti-politici, per un confronto finalmente serio e all’altezza della difficile situazione in cui ci troviamo.

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