Ecco, è successo. Siamo in un cul de sac. E dobbiamo uscirne.
E non è il momento di rivalse, perché il momento è grave.
Mi auguravo soprattutto che ci fosse un governo possibile. In questo momento è possibile solo un governino. Difficile immaginare che vi sia una convergenza programmatica di lungo periodo con le altre forze presenti in Parlamento, se non su pochi, pochissimi temi.
E quanto al M5S, valeva la pena confrontarsi quando ce n’è stata occasione (ampia rassegna qui): ora suona parecchio strumentale e francamente difficile da comporre sulle questioni di fondo che un governo deve interpretare. Certe istanze, come si dice in un politichese che oggi sembra ancora più vetusto, avremmo dovuto intercettarle anni fa. E invece le abbiamo lasciate correre.
Quello che mi chiedo, però, è se abbiamo voglia di fare le cose bene e di analizzare compiutamente un voto che è una tempesta perfetta, perché fa risaltare, come sotto lampi abbacinanti, le contraddizioni di ciascuno.
E solo assumendo fino in fondo il risultato di ieri, che ci consegna all’incertezza più certa che ci potesse essere. Che era esattamente quello che temevo. Ma da questo «purtroppo» dobbiamo provare a ripartire.
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