Ora, qualcuno (soprattutto a sinistra) dice: o Bersani o niente. Altri (insospettabili, soprattutto a destra) rispondono: dateglielo a loro, il premier, così vediamo.
La questione del governo Pd-M5S è posta da molti in modo ipocrita. «Tanto fallisce», pensano quasi tutti. E passano al piano B. Che si chiama così perché prevede un accordo con Berlusconi. Via Monti. Così il 2013 sarà uguale uguale al 2012.
Oggi sosterremo la linea Bersani tutti quanti, ma sui giornali e nei corridoi si legge già di altre soluzioni che convengono a questo o a quello.
Per me, la fiducia a Bersani in questo passaggio non è formale: è sostanziale. E ha un’unica subordinata, quella che ci sia un’altra indicazione a premier che emerga nelle consultazioni che Napolitano avvierà. Una figura che possa piacere al Pd e al M5S.
Diciamo che mi porto «avanti col lavoro», però questa è la soluzione più ovvia tra persone in buona fede. Altrimenti, ci verrebbe proposto il piano B (Pd, Pdl e Sc), che in realtà per molti, anche nel Pd, è il preferito.
Tipo la lettera rubata di Poe, la soluzione è quella di un governo del Parlamento: sotto gli occhi di tutti, se c’è una maggioranza sostenuta da due forze politiche che più o meno si equivalgono dal punto di vista elettorale, allora si trova una figura che le metta in relazione e che goda del sostegno di entrambe.
Talmente semplice che magari non si prenderà nemmeno in considerazione.
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