La legge elettorale va cambiata: su questo non ci piove, anche perché nel corso degli anni ha piovuto parecchio. E non è servito nemmeno il milione e passa di firme che raccogliemmo per eliminare il Porcellum. E pensate che la riforma della legge elettorale era uno dei tre punti del V-Day di cinque anni fa, per capirci e per non sorprenderci ulteriormente.

Due considerazioni però vanno fatte: la prima è che la riforma della legge elettorale è tra le cose più complicate da fare in una situazione come quella in cui ci troviamo. E l’abbiamo visto in un anno di governo Monti.

La seconda, ancora più rilevante, è che in queste condizioni non c’è legge elettorale che garantisca la governabilità e assicuri a qualcuno di avere una maggioranza da solo. Il Porcellum ha uno sproporzionato premio di maggioranza, ma ce l’ha asimmetrico tra Camera e Senato. Se si toglie il premio, optando come mi auguro da sempre per una legge a doppio turno di collegio, il risultato potrebbe essere molto simile a quello che abbiamo registrato tre settimane fa. A meno che non si opti per un sistema presidenziale, che comporta però anche una riforma costituzionale.

Ciò che voglio dire insomma è che la legge elettorale non è una panacea e che l’unica cura è la politica, quella buona. Che speriamo di vedere nelle prossime ore. E che non è una conseguenza, ma una precondizione.

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