Anche per Palazzo Chigi e per il Quirinale, si sente ripetere, in continuazione: tutti ma non un politico. Lo scrivono in molti, come se fosse la cosa più ovvia. È come se nella cucina di un ristorante si dicesse: tutti ma non uno chef. La ragione è ovvia: la cucina non era pulitissima, il menu sempre lo stesso, le pietanze servite con qualche secolo di ritardo. Con i cittadini, in sala, che non potevano più pagare il conto. E allora si tenta la ricetta dell’outsider, chissà che non azzecchi gli ingredienti.

Tutto legittimo e comprensibile, tutto psicologico, tutto pre-politico, ovviamente, perché l’importante è che ci si fermi sulla soglia e non si faccia nemmeno un passo nel Palazzo della politica.

Di questi tempi rischiano grosso anche altre figure: il tecnico è ormai sospetto quanto il politico. E se è possibile, da un anno a questa parte, è diventato ancora più antipatico di lui. E anche il civico deve essere civico-civico, perché altrimenti non vale (fino a qualche tempo fa si poteva ancora azzardare: se ci pensate è passato per civico un politico di lungo corso come Pisapia, ma erano altri tempi).

Lo stesso vale per l’organizzazione e per tutto ciò che riguarda la pratica della politica. Tutto ma non il partito. Va bene un movimento, un’associazione, anche una lobby. Anzi, soprattutto una lobby. Che magari abbia un giornale, che così si fa prima.

Da tempo, parlo della lettera scarlatta della politica italiana: che sarebbe la ‘A’ di astensione, che porta con sé la disaffezione e il rifiuto. Abbiamo aspettato troppo, abbiamo fatto finta di niente e adesso la lettera scarlatta è diventata un’altra. Quella di politica e quella di partito, stampata sulle giacche più o meno eleganti di tutti noi.

Ci vorrà parecchio tempo, e molto lavoro, per trovare un equilibrio diverso, e una nuova politica. Chi non se ne rende conto, può starne certo: non ci sarà una prossima volta che sia uguale a questa o alle precedenti. E non si può più stare sulla difensiva, bisogna passare all’attacco, con formule più efficaci e più pienamente democratiche di quelle che abbiamo conosciuto.

Il risultato elettorale lo dice chiaro: un terzo partito, un terzo partito del capo, un terzo capo senza partito. Da qui si deve ripartire.

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