Nel grande (si fa per dire) dibattito sul superamento (termine filosofico come pochi altri, adottato dalla politica in modo molto poco filosofico, va detto) dell’Imu sembra essere sfuggito un particolare di una certa rilevanza. Che è la questione dell’uguaglianza. Perché va benissimo promettere abolizioni e restituzioni, ma non possiamo dimenticare – proprio ora, non qui, non da noi, non in Italia – che la questione della disuguaglianza, della parità di trattamento e della progressività in campo fiscale è fondamentale.
L’articolo 53 della Costituzione ce lo ricorda («Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»), soprattutto in tempi difficili come questi. E l’ultima cosa che possiamo fare è dare sollievo a chi ha risorse e peggiorare la situazione di chi non ne ha. Catalano ci ha appena lasciati, ma almeno questo lo dobbiamo pretendere, da questo governo e dalle misure che adotterà in campo economico.
La sinistra italiana parla troppo poco di disuguaglianza e sembra quasi timida sull’argomento. E invece se vuole farsi sentire, anche alla luce di quanto accade nel mondo (per chi non ha tempo, consiglio la rapida lettura dell’ultimo Bauman, Laterza), deve iniziare proprio da qui.
E ricordarsi che nella prima versione della carta d’intenti su cui abbiamo chiesto il voto, c’era addirittura la patrimoniale. E che le tasse sul lavoro e sulla produzione sono le prime, se non le uniche tasse che devono calare. Altrimenti non ci capirà proprio più nessuno.
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