Lo ha scritto, giorni fa, Marco Revelli:
Per tutto questo non credo che un Quinto Fabio Massimo – un Temporeggiatore – possa aiutare. Piuttosto, che so?, un Cincinnato, che almeno veniva dalla campagna, da fuori delle mura. O, meglio, un Socrate, che ricordi la superiorità del «governo delle leggi» su quello degli uomini. Comunque qualcuno consapevole che «non c’è più tempo». Che nel precipitare delle cose la costruzione di un punto di riferimento alternativo è terribilmente urgente, perché il tessuto democratico di questo Paese – che c’è, e potrebbe giocare un ruolo: si pensi alle oltre 30.000 associazioni di cui parla Salvatore Settis nel suo Azione popolare -, non si coagula da solo, per semplice iniziativa «dal basso».
Ha bisogno di un catalizzatore. Di qualcuno – un gruppo di donne e di uomini – che «dall’alto» dia un segnale, con pochi, semplici denominatori comuni: una affermazione intransigente dei valori costituzionali (questa Costituzione va applicata più che cambiata), la difesa dei diritti e dei beni comuni, il primato del lavoro non a parole ma nei fatti, la verità sullo stato comatoso dell’economia e delle finanze pubbliche, un messaggio chiaro all’Europa sull’insostenibilità dell’attuale dogma fallimentare, l’irrinunciabilità della bonifica morale del Paese come condizione per liberare le energie indispensabili per sopravvivere. E soprattutto il dichiarato proposito di una discontinuità netta di linguaggio, pratiche e facce con l’abbandono dei bizantinismi attuali. Fuori da ciò, ne sono più che mai convinto, se si rimane entro le mura sempre più soffocanti di Bisanzio, ogni giorno perduto è un passo verso la caduta.
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