Nelle ultime ore abbiamo assistito all'ennesima serie di rovesciamenti a cui la politica italiana ci ha abituati.

Chi accusava quelli come me di essere delle «anime belle» si rende conto di avere sottovalutato la realtà e di essere – proprio così – un'«anima bella» che continua a descrivere una situazione che non esiste.

Chi ripeteva che non esistevano alternative, si precipita a cercarne.

Chi assicurava che non ci sarebbero state conseguenze per il governo, dichiara che non potevano non essercene, lo sapevano tutti.

Chi parlava di un governo che avrebbe dovuto durare all'infinito, chiede di votare a ottobre, con quella stessa legge elettorale per modificare la quale era stato definito necessario un governo con il Pdl.

Chi ha negato con il proprio voto la modifica del Porcellum poche settimane fa, oggi si rimprovera di non avere votato quella mozione e di avere costruito un percorso costituzionale al quale il più autorevole dei nuovi costituenti non potrà partecipare perché condannato con sentenza passata in giudicato (ora chiede la grazia ma, per evitare di chiederne un'altra tra qualche mese, gli conviene aspettare l'esito degli altri procedimenti a suo carico).

Chi ha sottovalutato il caso Alfano, ora si trova a valutare un caso ben più grave e ingombrante.

Chi trovava le posizioni scettiche inaccettabili, ora dice cose inaccettabili determinate dallo scetticismo.

Per interrompere questa lunga catena di deliri e per fermare il regresso all'infinito, ci sono tre scenari.

Il primo è di proseguire con l'esperienza del governo Letta, cambiando le previsioni di durata e concentrandoci – come chiedo inutilmente da aprile a questa parte – sulle vere priorità, che sono: la legge elettorale e misure economiche e fiscali che abbiano un senso e conseguenze positive sulla vita degli italiani (non l'Imu di Brunetta).

Il secondo invita ad andare al voto subito, con la legge elettorale che sappiamo e che tutto sommato fa comodo a tutti. Una soluzione che contraddice tutto quello che è stato fatto finora e che sarebbe il più devastante dei rovesciamenti di cui sopra.

Il terzo è quello meno probabile ma più affascinante: che finalmente, dopo vent'anni, si manifesti quell'altra Italia che si è vista pochissimo e che legge attonita le prime pagine dei giornali. Che rifiuta questo schema per cui se Berlusconi ci dice di formare un governo, lo facciamo. E se ci dice di farlo cadere, lo facciamo cadere. E se ci dice che si va a votare, ci inalberiamo, ma poi andiamo a votare.

Un'altra Italia che nel Paese è già maggioranza ma che in Parlamento ha trovato molti nemici (anche più dei famosi 101) e che potrebbe assolvere ai compiti dello scenario numero uno aggiungendoci tutto quello che, in quanto è inviso a Berlusconi, è giusto approvare.

In uno slogan, sarebbe l'Italia dell'articolo 3 della Costituzione, per la quale la legge è uguale per tutti, per la quale la legge elettorale deve consentire ai cittadini di scegliersi – in condizioni di parità e non più di asimmetria informativa – i propri rappresentanti, per la quale la corruzione e il conflitto di interessi sono insopportabili, per la quale misure fiscali eque sono quelle che «rimuovono gli ostacoli», danno sollievo agli ultimi e danno speranza ai promettenti.

Berlusconi chiede la riforma della giustizia, e lo fa da condannato, all'insegna dell'opportunità e della credibilità di una classe politica a cui non credono più nemmeno le rispettive tifoserie.

Noi dovremmo chiedere quelle riforme che restituiscono il Paese ai cittadini e capire se abbiamo voglia di farlo in Parlamento. A febbraio i cittadini ci hanno chiesto di farlo e non ne siamo stati capaci. Ora è l'occasione per rovesciare il rovesciamento e provarci.

La grazia e la giustizia riserviamola agli italiani, che si meritano di meglio di questo spettacolo da Sudamerica stravolto (anche perché secondo me il Sudamerica è meglio di così).

Certo che è difficile, ma sarebbe la mossa che cambia le cose. Non è un appello (solo) ai grillini, è un appello a tutti. Se si vuole, si può. Se invece si preferisce continuare così, a tuonare dai rispettivi banchi, applauditi dai propri sostenitori, fate pure: sappiate però che il migliore a tuonare, e il più dotato di mezzi che ne amplificano il clamore, e il più capace ad usarli, è proprio il solito Berlusconi.

Se si apre la crisi di governo, che di fatto è aperta già, io direi così. E a chi sorride perché propongo tutto questo, vorrei dire che ci ha portati in questa situazione, e non capisco proprio che cosa abbia da sorridere. Perché un giorno parleremo di tutto quello che è successo, da Rodotà e Prodi in avanti, e qualcuno dovrà renderne conto. Non ci voleva Tiresia per capire che sarebbe andata a (non) finire così.

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