È il 30 agosto, termine delle decisioni sull'Imu.

Come per il 30 luglio della Cassazione, sarà un altro passaggio decisivo (ma anche no) per il governo.

Leggete Massimo Giannini, che ribadisce quello che da queste parti ripetiamo da tempo:

Se sarà confermato il parziale miglioramento del Pil del secondo trimestre (diminuito dello 0,2% invece del temuto 0,4%) e se l’andamento delle entrate del secondo semestre confermerà il trend di quelle del primo, l’eventuale extra-gettito da 8-10 miliardi dovrà essere impiegato per ridurre il cuneo fiscale, non certo per eliminare un’imposta sugli immobili che (sia pure graduata in modo diverso e magari in funzione della condizione economica del nucleo familiare) esiste in tutti i Paesi d’Europa.

Chi ha case d’altissimo pregio e redditi molto elevati è giusto che paghi un tributo. Ne va dell’equità sociale del sistema che il governo tecnico di Monti ha colpevolmente ignorato e che invece il governo politico bipartisan non può assolutamente dimenticare. Ma questo, nei prossimi giorni e spurgata la prima ondata di polemiche, l’esecutivo dovrà dirlo chiaro, e scriverlo nero su bianco in un decreto legge. Per quanto completo e accurato, un documento non basta a salvarsi l’anima. Letta e Saccomanni dovranno assumersi le loro responsabilità di fronte alla maggioranza e di fronte agli italiani.

Le reazioni della destra sono già furenti, anche se inconcludenti. Prima, in campagna elettorale, il Pdl ha trasformato la soppressione della tassa sulla prima casa in un vessillo ideologico e demagogico, da agitare al cospetto di un elettorato disincantato e deluso, dopo l’ubriacatura bugiarda degli anni 2000, quando Berlusconi sbancava le urne promettendo “meno tasse per tutti”. Poi, dopo il voto, l’ha trasformata nell’atto “fondativo” della Grande Coalizione, giudicandola indiscutibile e irrinunciabile per recuperare terreno nelle categorie più abbienti, dove l’emorragia elettorale è stata più copiosa. Per le tasse come per le condanne del Cavaliere, il partito berlusconiano, disperato e disarticolato, continua dunque a far crescere le tensioni, anche se non riesce a farle esplodere. Di qui al 30 agosto sentiremo ripetere fino alla noia “o salta l’Imu, o salta Letta”. Per ora non saltano né l’uno né l’altro. Ma resistere a questo logoramento continuo, e a questo stillicidio quotidiano di penultimaum, è sempre più difficile. Anche per un governo che non ha alternative. Non basta una necessità per fare una virtù.

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