Ieri il Salamella Tour è arrivato a Cortona, uno dei posti più belli del mondo.

La serata era organizzata presso la balera, dal palco maestoso del liscio. In mezzo la pedana era vuota in un modo inquietante, tutto intorno centinaia di persone, che aspettavano il liscio e si sono invece trovate una riflessione sulla ruvida situazione del Pd.

Se ci pensate, quello spazio vuoto davanti a noi costituisce una metafora notevole dell'attuale complessa situazione, perché proprio da quello spazio vuoto dobbiamo ripartire, perché rappresenta fedelmente gli elettori che non lo sono più e gli elettori che non votano più noi. Insieme, fanno un grande partito, il partito più grande, all'insegna della Storia delle delusioni del centrosinistra, che potrebbe diventare un corso di laurea: esami in Bicamerale, interventi Nato, caduta di Prodi (in tre annualità, 1998, 2008, 2013), un monografico su Cossiga e uno su Mastella, Monti e Rimonti.

Dopo una prima ora di conversazione dal palco, ci siamo trasferiti in libreria, inseguiti dal suono della discoteca, accesa per l'occasione, nello spazio delle domande. E c'è subito da segnalare una novità: dai 101 di aprile siamo passati alla domanda sui prossimi 101, ovvero sul terrore che il Pd faccia pasticci sulla decadenza (cosa che porterebbe a compimento la nostra, di decadenza).

Le domande erano diverse, ma la convergenza che ho voluto scorgere e che ha ispirato le mie risposte è stata la seguente: che dobbiamo rompere lo schema, che dobbiamo ripensare le regole del gioco (non a quelle del Congresso), che dobbiamo spingerci più in là nella comprensione della realtà.

Non basta più parlare genericamente di rinnovamento, si deve dire anche con quali cose e quali persone lo si intende promuovere: il Civoti è all'origine di questa esigenza, per fare emergere un gruppo che sia finalmente capace di rappresentare gli elettori, con metodi nuovi, partendo dalla competenza e dalla fedeltà, certamente, ma non al capo corrente, bensì agli elettori e agli impegni che si prendono (vedi alla voce Imu e non solo).

Rompere lo schema significa non parlare dell'inceneritore di Parma, ma di quello di Reggio Emilia, spento dal Pd. Significa parlare di conflitto d'interessi, ma non di quello di Berlusconi, che si mostra da sé: di quello che riguarda quasi tutti, nel Paese della pappa. Significa non fare retorica sul rapporto con gli elettori, ma adottare le decisioni che gli elettori hanno preso (vedi referendum sull'acqua) e quelle che ci hanno indicato (vedi legge elettorale). Significa essere costanti e coerenti sulla via della riduzione delle tasse giuste (non di quelle sbagliate) e del contrasto dell'evasione fiscale, soprattutto quando essa si manifesta in dimensioni smisurate. Significa dare diritti a chi non ne ha mai avuti e provare cose nuove che in Europa ci sono già (vedi alla voce reddito minimo).

Rompere lo schema significa provare a forzare i limiti delle forze politiche attuali, che non hanno più molto senso, se è vero che a febbraio metà degli elettori si sono spostati, dalle forze politiche tradizionali, verso un altro luogo o in molti casi verso il non luogo dell'astensione. Provare ad aprire un progetto e un percorso nuovi, che prendano spunto soprattutto da ciò che manca e abbiamo mancato (che è parecchio). Che non assuma quello che c'è già, perché in questo schema così dichiaratamente conservatore, noi abbiamo perso in partenza.

A Cortona vive Scanzi, che ripetutamente mi ha rimproverato perché resto nel Pd e mi ha invitato a costituire un soggetto politico nuovo. Per me – qui sta la ragione dell'equivoco – quel soggetto politico nuovo, da costruire su basi ripensate, è il Pd. In cui entrare per uscire dalla situazione attuale, una volta per tutte.

Per questo il Congresso è decisivo: perché è l'unico Congresso o quasi (altri partiti sono difficilmente contendibili, per usare un eufemismo), perché quel patrimonio di storie, esperienze, speranze non deve andare perduto. E sto parlando degli elettori, soprattutto, e di chi ha dedicato la propria vita alla politica, per cambiare.

Sono certo (e l'ho misurato ieri sera, come nelle altre serate estive) che di questo siano convinti molti, moltissimi elettori del Pd e della sinistra italiana. Che hanno bisogno di un leader a cui affidarsi, è chiaro, ma anche di un progetto politico e culturale che ci porti fuori da questi schemi, ormai esausti. E che dia senso al concetto di nuovo, che per sua natura è molto più impegnativo del vecchio.

Soltanto così faremo la nostra parte. Se non lo faremo, saremo una piega della destra e del conservatorismo italiano, che è già molto popolare e rappresentato, non solo dalla politica, ma da tutta la società.

So che è complicato, lo so bene: ma essere conservatori è molto più agevole del provare a cambiare le cose, in profondità e nella struttura stessa della nostra democrazia e dei rapporti sociali. Ogni tentativo che ci liberi dall'ignoranza e dalla superficialità, da un rapporto sbagliato con il potere e dalla illegalità in tutte le sue forme, è il benvenuto. Ed è l'unico tipo di tentativi che ci interessano e che sono compiutamente di sinistra, a mio modo di vedere.

La cima della montagna è lontana, e la salita impervia: ma solo se arriveremo in cima, scopriremo che cosa c'è dall'altra parte. Che è il posto dove vogliamo andare.

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