Andrea Pertici spiega la questione del voto sulla decadenza. Che può ancora essere “palesemente segreto”.

Chiaro e tondo. Anzi palese!
La Giunta del regolamento del Senato, spaccandosi in due, ha concluso che il voto sulla decadenza debba essere palese.

In questa legislatura c’è una certa tendenza a modificare le procedure prima di affrontare le questioni nel merito. Prima di affrontare le riforme costituzionali si è riformato il procedimento di revisione costituzionale, prima di votare la decadenza se ne vuole riformare il sistema di voto… Il merito? Dopo. Dopo mesi o anni.

Ora, il voto palese è sostenuto da molti in omaggio alla trasparenza e alla chiarezza. Benissimo, ma allora siamo chiari davvero: il 31 luglio il sen. Berlusconi è stato condannato dalla Cassazione per frode fiscale. In base agli agli artt. 1 e 3 del d.lgs. 235 del 2012, chi ha riportato una siffatta condanna è incandidabile o – se già eletto – decade. Punto. Nessuna questione di retroattività perché la decadenza non è una sanzione (né penale, né amministrativa). Semplicemente la condanna integra una condizione di incandidabilità o decadenza dalla carica.

Secondo le regole vigenti, questa deve essere votata dalla Camera d’appartenenza (nel caso, dal Senato), che poteva averlo fatto da tempo e che invece – dopo tre mesi – non lo ha ancora fatto. E non lo farà neppure nel prossimo mese perché il Senato, almeno fino al 25 novembre, è troppo impegnato in altro.

Intanto, si è aperta, appunto, la preliminare discussione: voto palese o segreto? Questa ha impegnato la Giunta e ora potrebbe impegnare, dalla fine di novembre (con calma), l’aula. Qui, infatti, il voto dovrebbe essere, a questo punto, palese. Ma già è stato chiesto al Presidente del Senato di disattendere il parere della Giunta.

La questione sarebbe piuttosto complessa, ma, semplificando, si può dire che, anche se sembra improbabile, chissà che – in assenza di precedenti e anche considerata la spaccatura – egli non sia in qualche modo portato ad attenersi alla prassi consolidata (voto segreto). Oppure – così, sempre per ipotesi e semplificando un po’ – potrebbe darsi che in aula venti senatori, non condividendo le conclusioni sulla decadenza, pongano in votazione un ordine del giorno contrario che, coinvolgendo fondamentali diritti costituzionali, potrebbe anche portare al voto segreto.
In ogni caso, tutto ciò ha determinato – e determinerà – ritardi e minerà la linearità della conclusione raggiunta.

Ci si chiede se ce ne era bisogno, visto che, seguendo le consolidate regole (cioè con voto segreto), il Senato poteva avere già votato la decadenza. Semplicemente. Con chiarezza e trasparenza. Perché se le forze politiche avessero un certo orgoglio delle proprie posizioni e non avessero magari 101 “grandi strateghi” (o piccoli tattici) al loro interno, il voto segreto non sarebbe un problema. E la decadenza neppure. Chiaro e tondo. Anzi palese!

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