Siamo arrivati ad un mese esatto dalla possibile dichiarazione d’incostituzionalità della legge elettorale (l’udienza in Corte costituzionale è infatti prevista il 3 dicembre) e ancora la Commissione Affari costituzionali del Senato non riesce ad elaborare un testo. Siamo fermi all’“ipotesi concordata di lavoro”, che, senza stravolgerla, rimaneggia la legge Calderoli, attribuendo il premio solo alla coalizione che abbia raggiunto il 40% dei voti.

Con il piccolo e non trascurabile problema che, se questa percentuale non viene raggiunta, il Pdl sembra orientarsi per la mera attribuzione proporzionale dei seggi, mentre il Pd per il ballottaggio nazionale tra le prime due coalizioni.

Anche alcuni candidati alla segreteria del PD sembrano ormai orientarsi verso quest’ultima soluzione, presentandola, semmai, sotto la forma della legge elettorale dei Comuni. Questa, però, si basa sull’elezione diretta del sindaco, che a livello nazionale non c’è. Quindi, alla fine, porterebbe solo al ballottaggio tra le due coalizioni più votate al primo turno (come in Senato propone il Pd, appunto).

Oltre alle forti perplessità che comunque possono aversi sul “premione nazionale”, anche a doppio turno, rimarrebbero della legge vigente i più insopportabili difetti, come la recisione del legame col territorio, la decisione dei candidati nelle segreterie dei partiti e lo svolgimento dell’intera campagna elettorale in televisione tra pochissimi leader impegnati a discutere più che altro delle (loro) future alleanze.

Per questo, anche senza citare la pubblicità della Nutella, che riporta sulla confezione il nome di battesimo del cliente, siamo favorevoli all’uninominale, che mette in competizione diretta forze politiche diverse e i loro candidati, a livello nazionale ma anche a livello locale.

Tutti limiti della legge attuale sarebbero superati infatti da un sistema elettorale maggioritario che favorisce, oltre alla formazione di una maggioranza, un confronto vero tra i candidati su temi concreti. Ma il sistema maggioritario – magari sotto forma della legge Mattarella che rappresenta la soluzione più a portata di mano – è sostenuto oggi soltanto dal vostro affezionatissimo, che si ritrova un po’ in solitudine a difendere il voto degli italiani: da quello del 2013, certo non favorevole a un lungo governo di “larghe intese” a quello del 1993, vent’anni fa, quando in un referendum il 94,7% dei votanti si espresse, appunto, per il maggioritario.

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