Pare che ieri sera in tv Matteo Renzi abbia detto che nella denuncia delle tessere si è sparato nel mucchio. Non ho capito se parlasse di me, ma non importa, il punto non è questo.
Il punto è che ieri, in un’intervista, aveva detto che sarebbero state “simpatiche intuizioni di alcuni comitati elettorali” a sollevare il caso. E una settimana prima aveva spiegato che a lui del tesseramento gonfiato non interessa parlare. Anche perché ci sono i disoccupati, in Italia, e insomma cose più importanti di cui discutere.
Ora, non voglio raccogliere lo spunto polemico del tutti privo di senso, anche perché ho personalmente denunciato irregolarità pazzesche dal profondo Sud al profondo Nord, ma non sono certo stato il solo. Quanto è successo a Lecce, a Asti, a Rovigo, a Trapani e in cento altri posti si qualifica da sé, è molto grave e avremmo dovuto fermarci prima, come ho inutilmente chiesto si facesse, appellandomi invano agli altri candidati tre settimane fa e chiedendo ai miei di non partecipare ai pasticci, di non comprare tessere, di non rovinare insomma il Congresso.
Se ci si candida alla segreteria del Pd, ci si deve occupare anche di questo. Si deve lavorare per un rispetto religioso delle regole e per la tutela del voto democratico, all’insegna di una credibilità che non possiamo certo ritrovare facendo cose incredibili.
A me dispiace che la cosa colpisca solo me. E che sia il solo a pensare che per occuparci bene di disoccupati e di altre questioni più importanti, si debba avere un partito rigoroso e libero, che raccolga un mucchio (sì, un mucchio) di persone perbene e non masnade di cialtroni: che sia, in una parola, democratico.
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