Molti si sono offesi perché non ho apprezzato la sorpresina di domenica. Mi dispiace, ma continuerò a dire quello che penso. E sì, il Congresso è finito, e bisogna essere uniti, ma non è con il fideismo che usciamo dalla situazione in cui ci siamo infilati (e lo abbiamo fatto scientemente, tanto che io ero praticamente l'unico pirla a dissentire). Vale la pena di ricordare, sine ira et studio, che la situazione è sul piano politico generale la stessa di un mese fa.
A confermarlo le parole, sempre più assolute, del Presidente della Repubblica, che torna sul suo discorso di reinvestitura, che non apprezzai allora e apprezzo ancora meno oggi, perché le larghe intese di aprile sono finite già e davvero non si capisce perché non si ammettano i limiti di quello schema e gli errori che ne sono derivati (pasticciata riforma del 138 compresa).
Ma a confermarlo ancora di più è l'intervista di Oscar Farinetti al Foglio. Farinetti è renzianissimo e alla Leopolda ebbe parole molto poco gentili per me, ma oggi insiste e dice che si dovrebbe tornare al voto più presto, che lo schema non funziona e che insomma siamo già parecchio incartati. Tutte cose che lo rendono familiare a ciò che penso e che dico, non da oggi.
A me, come a Farinetti, dispiace, ma si andrà a votare solo nel 2015. E anche oltre, se davvero ci si vorrà avventurare nella riforma costituzionale che prelude all'introduzione della figura del sindaco d'Italia.
Ricordarlo oggi non significa voler remare contro (espressione fin troppo nota del nostro pessimo politichese). Significa dire che ci sono cose che non passano e che rimangono lì. Poi, certo, possiamo fare finta di niente. E cercare di tenere insieme tutto, Napolitano, Letta, Renzi, le primarie. Secondo me è dura. E secondo me è anche sbagliato. Ma ho perso e lo so bene. E sono proprio curioso di vedere, insieme a voi, quello che succederà.
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