Il dibattito sull'Italicum è iniziato tra molte incertezze e tensioni, in un clima di chiusura verso un vero confronto con la disponibilità a pochi cambiamenti, purché già concordati in segrete stanze (e – purtroppo – rigorosamente peggiorativi).
Ci si chiede se tutto questo non poteva davvero essere evitato, se non si poteva usare questo mese (e più) trascorso inutilmente nell'attesa per discutere una legge elettorale davvero funzionante, davvero rispondente ai principi indicati dalla Corte costituzionale, davvero in grado – ed è la cosa che ci preme di più – di dare rappresentanza ai cittadini, di restituire agli elettori la possibilità di scegliere gli eletti. Se la cosa che più preoccupa – e non solo me, per fortuna – è il super-pasticcio dell'Italicum dimezzato (valido cioè solo per la Camera), ampia è la serie di emendamenti che avrebbero richiesto una maggiore attenzione.
Uno dei punti più discussi, infatti, è quello della parità di genere, perché la questione maschile torna sempre. Dopo che il Porcellum aveva del tutto ignorato la questione, l'Italicum ne cerca una soluzione certamente ancora insoddisfacente, a fronte della quale però ogni discussione o possibilità di emendamento sembra già sbarrata. Perché di questa legge, appunto, non si può discutere per niente, altrimenti – si ripete di continuo con forse eccessiva preoccupazione – “salta l'accordo”.
Un accordo che ha molte stranezze e punti difficili da comprendere, non solo per le modalità con cui è stato realizzato e per l'impianto generale, ma anche relativamente ai dettagli. E' il caso, ad esempio, del cosiddetto emendamento “salva-Lega”, che consente di non rispettare le soglie di sbarramento nazionali a chi ottenga un consenso più elevato in un certo numero di circoscrizioni regionali. La particolarità è che questo emendamento non è stato presentato dal partito oggetto del salvataggio, ma da esponenti di Forza Italia. Per di più la Lega ha più volte dichiarato di non essere interessata all'emendamento stesso (forse, infatti, lo è di più a quelli che mirano ad abbassare la soglia delle liste coalizzate, al 4% o magari anche al 3%).
Si aprono allora molti retroscena, tra cui quello descritto oggi sul Corriere della Sera da Francesco Verderami, secondo il quale quell'emendamento potrebbe, in realtà, servire per “salvare”, non la Lega nord, ma altri partiti territoriali ancora da venire e che potrebbero essere costituiti – non è una novità – per mere ragioni di marketing: si ipotizza, ad esempio, una “Forza Campania” alla quale potrebbero seguire altre “Forze” (sempre a vantaggio della principale, naturalmente, perché in fondo – si sa – è la “Forza” che crea vita, come direbbe Luke Skywalker). Tra tutti gli emendamenti, però, il peggiore (proprio dal punto di vista del rispetto delle scelte degli elettori) è certamente quello che che prevede l'inserimento di candidature multiple, cioè della possibilità, per uno stesso candidato, di presentarsi in più collegi, come se avesse il dono dell'ubiquità. E, infatti, sappiamo che qualcuno è arrivato a presentarsi in tutte le circoscrizioni della Camera o del Senato, per poi sceglierne una sola decidendo quindi a chi sbarrare l'ingresso in Parlamento e a chi, invece, agevolarlo.
Tutto questo – lo ha detto la Corte Costituzionale – rende difficile (o impossibile) all'elettore capire per chi sta realmente votando, contribuendo a determinare l'incostituzionalità delle lunghe liste del Porcellum. Ora, uno dei pochi pregi dell'Italicum era proprio quello di avere eliminato le candidature multiple, ma sembra che le uniche modifiche possibili al testo base siano proprio quelle idonee a peggiorarlo. Probabilmente per altri peggioramenti – purché preceduto da un accordo riservato – ci sarà ancora spazio, che ai pasticci non c'è limite. Invece, i miei emendamenti che andavano tutti nel senso indicato dalla Corte, mirando ad accrescere la possibilità di scelta degli elettori, il Pd mi ha chiesto di ritirarli, come ho detto, perché ovviamente non li avrebbe votati. Discuterne sarebbe stato troppo. Ci mancherebbe.
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