L’intervento di Corradino Mineo, oggi, al gruppo Pd del Senato:
L’intervento del segretario del partito sulle sfide politiche che dobbiamo affrontare, sui populismi di Grillo e Berlusconi, ai quali siamo confrontati, e sul nesso tra risanamento politico ed economico dell’Italia e volontà di cambiare l’Europa, mi trova largamente concorde. E trovo un atto di coraggio e di saggezza politica, oltre che un riconoscimento del carattere non strumentale della battaglia fatta da Chiti e da alcuni di noi, il fatto che il Presidente del Consiglio oggi ci abbia detto che non si impiccherà a un voto frettoloso per la riforma del Senato, e che riforme Costituzionali di questa portata sono più importanti della velocità, pure necessaria, e di una pur importante campagna elettorale.
Tuttavia quando il segretario accenna alle “mediazioni” possibili tra il testo originario del governo e le critiche che senatori di tutti i gruppi, Pd compreso, hanno espresso in Commissione, quando allude alla composizione del Senato e al modo della sua elezione, ecco che il suo intervento mi appare meno conseguente e meno convincente.
Proviamo a parlarci chiaro. Tu Matteo, hai fatto l’accordo con Berlusconi prima che si ponesse la questione di un nuovo governo e di una tua guida per tale governo. Quell’accordo per la legge elettorale prevedeva, sì, il doppio turno ma anche tre soglie di sbarramento e un premio di maggioranza al 37 per cento, oltre che, ancora, la nomina partitica dei parlamentari. Quell’accordo concluso con Forza Italia, dopo che Grillo come al solito aveva rifiutato ogni confronto, era accettabile solo se si fosse andato a votare presto. Per ottenere la necessaria legittimazione popolare e poi cambiar musica e avviare le riforme.
Appena un mese dopo, caro Matteo, hai cambiato o hai dovuto cambiare schema. Hai deciso di accettare la guida governo e di provare a portare la legislatura fino alla sua conclusione naturale, nel 2018. Procedendo con le riforme. Ed è in questo contesto che un Senato solo delle Autonomie, o delle Autonomie e delle Professioni, non si giustifica. Ci sono beni che vanno prima garantiti, cose di tutti che vanno messe in sicurezza, e sono la Costituzione, la Composizione e l’autonomia della Corte Costituzionale, la composizione e i poteri del Consiglio Superiore della Magistratura, come organo di autogoverno, la funzione del Presidente della Repubblica, garante della Nazione e non di una maggioranza, tale solo perché ha arraffato un premio.
Questo è il punto che bisogna tenere fermo nella “mediazione” in corso. Fino a quando non sarà chiaro quali siano i contrappesi, quali le garanzie in grado di sottrarre alle maggioranze di governo la disponibilità della Costituzione, il Senato dovrà restare Senato delle Garanzie, e trovare nel voto popolare diretto la sua legittimazione.
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