Tenete a mente questi numeri: 40, 10, 5, 3. Sono quelli che fissa, per le diverse soglie, la proposta di nuova legge elettorale della Regione Toscana.
Da tenere d’occhio perché la precedente legge elettorale toscana, quella del 2005, costituì – si dice – un modello per il Porcellum (che certamente ne peggiorò le caratteristiche).
Ancora una volta, però, la Toscana potrebbe fare da apripista rispetto alla legge elettorale nazionale, su cui in queste ore si riprende a discutere. Il Premier, infatti, ha oggi inviato ai senatori una lettera in cui li invita a votare il suo Senato di nominati per poi poter cambiare il testo di legge elettorale approvato dalla Camera mesi e mesi fa (in tutta fretta, naturalmente, così da poter rimanere più a lungo fermo in un cassetto), infastidendo parecchio – pare – l’altro contraente del patto.
La legge elettorale Toscana potrebbe quindi rappresentare il Viaticum per la modifica dell’Italicum, che meriterebbe quindi, per un motivo in più, l’appellativo alternativo di “fiorentino”.
Quali sono quindi gli elementi che potrebbero essere portati da Firenze a Roma? Per prima cosa il 40% (anziché il 37) come soglia per ottenere il premio al primo turno, senza ballottaggio. Poi, appunto, le soglie di sbarramento, del 10% (anziché del 12) per le coalizioni, del 5% (anziché dell’8) per le liste non coalizzate e del 3% (anziché del 4,5) per le liste coalizzate.
Tutto certamente più ragionevole, ma ancora lontano dalla scelta più lineare della soglia unica, che evita la presentazione di liste di comodo fatte solo per portare acqua al partito o ai partiti che superano la soglia, senza poter rappresentare nessuno. E ancora, le preferenze (con – dato positivo tra i molti d’altro segno – la doppia preferenza di genere che si aggiunge all’ordine alternato di lista) ma con possibilità di avere sostanzialmente capilista bloccati (nella legge regionale sotto forma di candidati regionali facoltativi, eletti per primi nell’ordine di presentazione, senza preferenza) e – forse la cosa peggiore – le candidature multiple (che potrebbero essere una cosa seria solo se esistesse l’ubiquità). Infine, la attribuzione dei seggi a livello centrale, con sacrificio dei territori (compensato – nella legge regionale, ma si dubita in quella nazionale – dalla necessità di elezione di almeno un consigliere per provincia).
Rimane da segnalare che la nuova legge elettorale prevede la abrogazione della legge regionale che – unica in Italia, a quanto ci consta – disciplina le elezioni primarie per la candidatura a consigliere e presidente della Regione. L’argomento per l’abrogazione, contenuto nella relazione illustrativa, fa riferimento al fatto che con le preferenze le primarie non avrebbero senso. Ma, a parte che basterebbe che i partiti in tal caso non vi ricorressero, rimane il fatto che per la candidatura alla carica di presidente e per le candidature regionali (facoltative) le preferenze non ci sono.
Perché quindi cancellare la legge sulle elezioni primarie? Non un bel segnale di partecipazione.
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