Da settimane schiere di commentatori che sposano la filosofia del Jobs Act accusando chi non è d’accordo di essere un politico di Neanderthal sostengono che è giusto attaccare i garantiti per dare risposte ai non garantiti.
Si tratta di un trucco, che contrappone giovani e anziani, senza considerare la complessità della questione e nemmeno la drammaticità della crisi economica, e la situazione delle famiglie italiane (dove, come ripeto spesso, sono gli Anchise che reggono gli Enea, non viceversa). Un trucco grave soprattutto per un partito di sinistra (più o meno) secondo il quale se togli i diritti a uno, automaticamente li giri agli altri, mentre le cose ovviamente non stanno così e se indebolisci un lavoratore o un gruppo di lavoratori spesso finisce che si indebolisce tutto il sistema dei diritti, con un peggioramento che, passo dopo passo, riguarda tutti.
Ma non è questo che mi interessa discutere. Da sempre sono favorevole al contratto unico alla Boeri e Garibaldi, che non prevede il superamento dell’articolo 18 (nemmeno quello ridimensionato dall’intervento della Fornero, rispetto al quale la proposta di Boeri e Garibaldi è cronologicamente precedente) e che poteva essere una base unitaria per il Pd, il centrosinistra, gli stessi sindacati (a patto ovviamente fosse unico).
Ma non è nemmeno di questo che mi interessa discutere.
Ciò che mi pare di poter dire è che, dopo aver letto la legge di stabilità, la manovra del governo si occupa solo dei garantiti. Lo so che è sorprendente, ma è così: gli 80 euro, che portano via quasi tutte le risorse (in deficit), sono destinati ai lavoratori dipendenti (garantiti, se si vuole seguire la retorica del governo), lo sconto sull’Irap inevitabilmente riguarda soprattutto le medie e grandi imprese (che se parlate con un imprenditore sono considerate le ‘garantite’ tra le aziende). Le risorse per gli ammortizzatori sociali (dei non garantiti) sono in questo momento inferiori a quelle dell’anno in corso. Non c’è alcuna previsione per chi non ha reddito o ce l’ha molto basso (gli incapienti o, per essere meno ipocriti, i poveri) che direi che non è garantito. Tra gli autonomi, i meno garantiti sono gli attualmente meno garantiti, cioè i lavoratori autonomi di seconda generazione e i freelance. Per non parlare del Tfr, che è con la proposta del governo è meno garantito (e più tassato). Oppure il bonus bebè per i (molto) benestanti: fatemi capire, quelli che arrivano a 90.000 euro di reddito familiare sono garantiti? O no? E gli esodati, di cui ci si dimentica ogni volta (anche questa) erano garantiti e poi, tutto a un tratto, non lo erano più? Che tipo di garanzia abbiamo ideato per loro?
Insomma, già la narrazione dei non-garantiti mi piaceva pochissimo, ma così facendo tuteliamo proprio i garantiti (che non sarebbe un male) dimenticandoci completamente dei non-garantiti, appunto.
A me non sembra così normale che tra le parole e le cose ci sia una distanza così siderale. Anche perché poi rispetto a tutto questo gli elettori si sentono non-garantiti, diciamo.
P.S.: anche su altre cose si potrebbe aprire un bel dibattito sulle «garanzie»: i concessionari autostradali sono garantiti o no? Perché ora sono più garantiti di prima, grazie allo Sblocca Italia (che garantisce molte altre categorie di garantiti storici, a volte fossili). Anche con la discussione sulla legge elettorale si potrebbe fare un’analogia. Le liste con i capilista bloccati chi garantiscono? I garantiti o i non-garantiti? Così, per sapere.
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