La Costituzione dà poche indicazioni sulla elezione del Presidente della Repubblica, ma almeno una, all’articolo 83, terzo comma, è chiara:
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo a scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
La regola è quindi quella di eleggere il Presidente con un’ampia maggioranza per scongiurare il pericolo che molti costituenti evidenziarono nel corso del dibattito: quello di un presidente «prigioniero» della maggioranza.
L’elezione con la sola maggioranza assoluta è chiaramente vista dalla Costituzione come un’eccezione, giusto per evitare un lungo stallo e l’eventualità che una maggioranza ampia possa arrivare alla fine solo su una figura incolore (che non abbia veti piuttosto di avere voti).
Per questo la proposta del segretario del Pd di votare scheda bianca nelle prime tre votazioni lascia molto perplessi (me come – sento – molti miei colleghi di partito): significa, infatti, evitare di applicare la regola, puntando subito sull’eccezione. In passato la rinuncia al tentativo di eleggere il Presidente al primo scrutinio è stata rara e solitamente legata a momenti di grande difficoltà politica e debolezza dei partiti. Quella che comunque in questo Parlamento, visti i numeri dei gruppi del Pd e l’obiettivo 2018, non dovrebbe temersi. Viceversa, in molti casi misurare un candidato sin dalle prime votazioni è stato utile, contribuendo a configurare il profilo dell’eletto in modo più trasparente di altri. E talvolta ha portato i voti di un candidato a crescere fino all’elezione. Comunque è certamente più fedele all’indicazione della Costituzione.
Si deve notare, per di più, che puntare tutto sull’elezione a maggioranza assoluta proprio mentre alla Camera si discute della riforma costituzionale con la quale si vorrebbe rendere necessaria una maggioranza qualificata (almeno dei tre quinti) sembra davvero singolare. Anzi, contraddittorio.
E, da ultimo, se è vero che il Pd può contare su una larghissima maggioranza e vuole discutere trovando l’accordo con tutti, allora sarebbe esemplare partire dalla prima. Curioso che tra le opposizioni solo il M5s l’abbia fatto notare e che Forza Italia non abbia detto nulla: l’indicazione della Costituzione ovviamente apre alla possibilità di un concorso della minoranza in Parlamento molto più forte di quanto previsto nelle votazioni successive, come è ovvio. In questo caso, forse, si pensa di risolverla direttamente e in ragione di un patto di tipo diverso. Lo scopriremo tra poche ore.
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