Alla luce della totale estraneità rispetto ai contenuti della riforma costituzionale e ai metodi adottati nella discussione di queste settimane, come già alcuni colleghi del Senato, tra cui Vannino Chiti, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci e altri, che abbandonarono l’aula con le opposizioni ad agosto dello scorso anno, seguirò i lavoro ma non parteciperò al voto degli emendamenti agli articoli rimanenti.

Non per una scelta di corrente, né per una presa di posizione interna alla dialettica del Pd, ma come scelta personale, in riferimento esclusivo alla Costituzione e al suo valore.

Una scelta minima: siamo passati dalle larghe intese al voto di maggioranza, alla seduta fiume, vera eccezione nella storia della Repubblica, alla scelta di fare da soli. Il tutto sulla base di una volontà dichiarata e una scelta politica precisa, che rovescia lo schema Mattarella nel suo contrario.

La maggioranza, dopo avere perso la collaborazione di Forza Italia, non ha saputo costruire nessuna relazione con le quattro (diverse) opposizioni presenti in aula e si ritrova a fare da sola, attribuendo in modo molto forzato tutte le responsabilità agli altri.

Non è accettabile discutere così la Costituzione, almeno per me.

P.S.: questo intervento lo avrei fatto alla riunione del gruppo, ma non c’è stato tempo perché la seduta fiume non consentiva di ascoltare tutti coloro che avevano qualcosa da dire (per dire come siamo messi). Ne ho parlato brevemente in aula, auspicando che vi sia – benché tardivamente – un cambiamento di atteggiamento. Del quale sarei il primo a felicitarmi.

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