Come sapete, Francesco Boccia, Stefano Fassina, Luca Pastorino e il vostro affezionatissimo non hanno dato il loro voto alla riforma costituzionale, come avevano fatto Vannino Chiti, Walter Tocci e altri dieci senatori nel passaggio al Senato dello scorso anno.
Tutto il resto del Pd – maggioranza e ‘minoranza’ – hanno votato a favore.
Alcuni parlamentari della ‘minoranza’ hanno affermato a più riprese nel dibattito parlamentare (oltre che nelle dichiarazioni alla stampa) di non condividere la riforma costituzionale in corso di approvazione. Salvo votarla, anche se con molte dichiarazioni con cui condizionavano il loro voto. Nei singoli articoli e nella votazione finale di oggi. Aggiungendo – magari – che va cambiata, come è stato fatto anche oggi, in aula e nelle ore immediatamente successive.
Come?
La Camera ha modificato solo in alcuni pochi punti specifici (che non cambiano in nulla l’impianto della riforme), per cui su quasi tutto il testo risulta ormai definitivo. Non modificabile nel prossimo passaggio (ancora in prima lettura) in Senato. La Camera che, lo ricordiamo, ha già deliberato una volta (cioè il Senato, l’8 agosto) non può re-intervenire sulle parti non modificate dalla seconda (cioè la Camera dei deputati, il 10 marzo)
Ciò risulta chiaramente dai regolamenti delle Camere.
Dispone, infatti, l’articolo 104 del Regolamento del Senato:
Se un disegno di legge approvato dal Senato è emendato dalla Camera dei deputati, il Senato discute e delibera soltanto sulle modificazioni apportate dalla Camera, salva la votazione finale. Nuovi emendamenti possono essere presi in considerazione solo se si trovino in diretta correlazione con gli emendamenti introdotti dalla Camera dei deputati.
Similmente l’articolo 70, comma 2, del Regolamento della Camera
I progetti già approvati dalla Camera e rinviati dal Senato sono riesaminati dalla Camera la quale, prima della votazione finale, delibera soltanto sulle modificazioni apportate dal Senato e sugli emendamenti ad esse conseguenti che fossero proposti alla Camera.
Dopo il voto di stamani alla Camera, quindi, quasi l’intero testo risulta inattaccabile. E chi ha votato a favore, quindi, condivide le scelte compiute dalla riforma e ne porta la responsabilità.
Chi avesse votato contro le proprie convinzioni, peraltro, avrebbe violato il divieto di mandato imperativo, quello per cui ciascun parlamentare rappresenta la nazione e deve agire, quindi, secondo il suo libero convincimento.
Ciò detto, la riforma così com’è – senza che sia possibile cambiarla sui suoi punti più rilevanti – va avanti grazie a tutti coloro che hanno votato a favore. Che non possono chiedere dopo di cambiare un testo che grazie al loro stesso voto non si può cambiare.
Né pentere e volere insieme puossi, per la contradizion che nol consente.
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