Da tempo consiglio la regola delle 48 ore: quando leggete un titolo sparato a tutta pagina, prima di confermarne il significato e il valore, aspettate due giorni: scoprirete se la notizia è confermata o se, come purtroppo spesso accade, era tirata per i capelli.
Da giorni non si fa altro che parlare degli straordinari dati forniti a più riprese da Poletti. Oggi tutti i giornali ridimensionano e, in qualche caso, ribaltano quegli stessi dati.
Scrive Carlo Di Foggia sul Fatto:
Emerge che l’aumento dei contratti a tempo indeterminato di gennaio e febbraio è dovuto essenzialmente alle stabilizzazioni dei rapporti di lavoro già in essere, e a un “effetto rimbalzo”, visto che negli ultimi tre mesi del 2014 le attivazioni avevano subito un brusco calo (passando da circa 117 mila a poco più di 88 mila). In pratica, le aziende hanno aspettato il nuovo anno per assumere, proprio per accaparrarsi i generosi incentivi previsti a partire da gennaio. Non solo. Nei primi due mesi del 2015 insieme alle “attivazioni”, sono cresciute anche le “cessazioni” di contratti stabili: dai 243 mila licenziamenti del 2014, ai 257 mila di gennaio-febbraio di quest’anno.
Poletti purtroppo non è nuovo a simili slanci propagandistici: a dicembre aveva parlato dell’incremento di 400 mila unità dimenticandosi di citare la contemporanea diminuzione di 483 mila rapporti di lavoro.
Piergiovanni Alleva è ancora più duro, sul Manifesto, sostenendo che per il contributo di 8000 euro all’anno alle imprese si potrebbe profilare l’accusa di aiuto di Stato. Alleva ricorda altresì che il 78% dei ‘nuovi’ rapporti di lavoro dei primi due mesi del 2015 sono precari. Un milione di contratti.
Il mio consiglio è di diffidare dei gufi come me – che non hanno mai ragione, ovvviamente – ma nemmeno da chi gira con lo specchietto per le allodole tascabile, da estrarre a ogni occasione.
Ragioniamo con serenità sulle ragioni degli uni e degli altri e cerchiamo la soluzione migliore. Con la demagogia non si va proprio da nessuna parte.
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