Ora, il ragionamento è presentato come fortissimo ma in realtà è debolissimo, anche perché non corrisponde al vero.
Cioè, è vero che la ‘riforma’ sulla scuola e quella sul lavoro, così come sono, contengono parecchi errori. Ma non è vero che sono tanti anni che nessuno faceva niente: la ‘riforma’ sulla scuola l’hanno fatta, recentemente, anche Moratti e Gelmini. E quella sul lavoro, in alcune sue parti, l’hanno fatta anche il governo Monti (verso l’abolizione dell’articolo 18 compiuta da Renzi), il governo Berlusconi (con la ‘riforma’ attribuita a Marco Biagi: ministro era Maroni), e anche il centrosinistra (pacchetto Treu).
Quindi, l’argomento non è fondato. Piuttosto, come quelle, anche questa ‘riforma’ ha numerosi difetti. Difetti che di solito si scoprono dopo (in alcuni casi, molto dopo) averle approvate. In questo caso lo sappiamo già, ancora prima di votarle. Ci si chiede, perciò: perché non pensare a fare le cose bene, per una volta, dopo tanti anni che si fanno male?
Questo è il vero interrogativo. Che ne porta con sé un secondo: siccome Berlusconi diceva la stessa cosa, che lui sbaragliava il teatrino della politica con la rivoluzione liberale (sì, ciao), perché non scegliere una chiave interpretativa diversa?
Se non ricordo male, ma in questo caso l’esperto non sono certo io, nei telequiz Mike proponeva tre buste: quindi, (prima busta) non fare le cose, (seconda busta) si possono fare male o (terza busta) farle meglio, sapendo già che contengono errori e imprecisioni quelle che sono state avanzate.
Se invece si sostituisce chi non è d’accordo, si attaccano sempre tutti quanti (oggi è il turno del mondo della scuola nella sua interezza), si drammatizza sempre come se si trattasse della lotteria dei rigori e del giorno del giudizio, si rimane alle prime due buste. Per scoprire che, alla fine, hanno lo stesso contenuto. Perché anche prima (da tanti anni si va avanti così!) si facevano le cose solo per farle e i risultati si vedono. E stranamente quelle cose assomigliavano parecchio a queste.
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