Ieri sera in un passaggio della manifestazione degli antiproibizionisti, laici e liberali, mi hanno passato una sigaretta che forse era una ‘canna’ o forse no.
Com’è noto, non sono un fumatore di spinelli, per una serie di ragioni che attengono alla mia libertà e alle mie scelte.
Mi avessero passato del vino, nessuno se ne sarebbe accorto. Una sigaretta, ancora meno.
Eppure possono fare più male della cannabis.
A me piace il modello dell’Uruguay, per dirne una. Leggo che tutto il mondo ne parla con approccio scientifico, da noi hai sempre paura che intervenga qualcuno in divisa, come è capitato a Andrea Trisciuoglio, che si cura con il Bedrocan, insospettendo puntualmente le forze dell’ordine. E non è colpa loro: è una questione culturale, è un punto di vista che fa male, perché alimenta le mafie, lo spaccio, il nero. E fa anche male alla salute, discrimina i malati, rovina la vita delle persone, per ragioni che non riguardano colpe, ma solo scelte.
Se tenere in mano una canna serve a farne parlare e discutere, passatemene un’altra. Non la fumerò, ma la terrò in tasca finché non ci sarà una legge sulla legalizzazione.
Non è un gioco, è una misura che vale la libertà. E anche miliardi di euro.
Alla faccia degli ipocriti e dei conservatori di tutte le specie. Che non la piantano mai.
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