«I voti di Verdini servono», dice il premier, svelando ciò che era già noto a tutti.

Quanto tutta questa storia iniziò, scrissi così: parole da facile, scontatissimo profeta.

Perché senza quei voti, il governo semplicemente non esisterebbe, anzi, non sarebbe mai esistito. Perché nel 2013 tutti assicurarono, a cominciare dal Presidente della Repubblica (il quale peraltro era stato votato – non da me – proprio con il precipuo obiettivo di formare un governo così): due anni e poi si vota.

Poi, l’anno dopo, i voti di Verdini e di altri servirono per mandare a casa Letta (con la compiacenza di tutta la minoranza del Pd, non la mia, sia chiaro), e servirono a far diventare un governo di emergenza un governo politico. Il premier che scacciò il premier allora disse: avete presente le vite dei videogiochi? Ne abbiamo cinque e ne abbiamo consumata solo una, perché non andare avanti per cinque anni?

Verdini (per sineddoche vale destra) serviva per entrare in un’altra videata. Per proseguire con il gioco. Anzi, il video-gioco, perché la metafora è molto ‘sostanziale’.

I voti non ci sono, senza Verdini, né ci sono mai stati. E, ovviamente, secondo l’incessante propaganda governativa, sono disinteressati, quei voti (e chi potrebbe pensare diversamente dopo aver visto la puntata di Report di domenica sera?).

Da ultimo, si nota che nell’unico caso in cui il premier ha dovuto chiedere dei voti che non fossero di Verdini, ma di sinistra, promise nella campagna per le primarie che non sarebbe mai andato a fare il premier senza passare dalle elezioni. Ma che cosa volete che sia.

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