Argomento principe tra i fautori del sì al referendum è la contrapposizione «cambiamento contro conservazione» ovvero «nuovo e vecchio».
Ora, tra le numerose mistificazioni che accompagnano il (non) dibattito forse questa è la più ridicola.
Con Andrea Pertici abbiamo ricostruito (e decostruito) questa rappresentazione ora molto in voga.
Prendiamo l’esempio di D’Alema, contrario alla 'riforma'. Lui è il vecchio. Senza dubbio. Anzi, resuscita, dicono i giornali vicini al governo, nemmeno fosse The Walking Dead.
Violante, che è sempre stato dalemiano e ha condiviso con D’Alema tutte le scelte per le quali i fautori del sì attaccano D’Alema, non è vecchio, perché è a favore del sì.
Anna Finocchiaro, che è sempre stata dalemiana e ha condiviso con D’Alema tutte le scelte per le quali i fautori del sì attaccano D’Alema, non è vecchia, perché è a favore del sì.
Quindi D’Alema è vecchio, i dalemiani sono nuovi.
Napolitano è nuovo, non c’è bisogno di dirlo, mentre tutti gli ex-Presidenti della Corte costituzionale (praticamente tutti) che si sono schierati per il no sono vecchi che non ne avete idea.
Pierluigi Castagnetti – di cui apprezziamo (senza ironia) la notevole attività sui social – è nuovo, perché è per il sì, mentre Franco Monaco è un vecchio prodiano, che infatti vota no.
I costituzionalisti sono vecchissimi, anche quelli che hanno quarant’anni, mentre chi si schiera per il sì ringiovanisce, e diventa nuovo, tipo Cocoon.
Walter Tocci, che è stato giovane e citatissimo dai nuovi finché c’erano le Comunali a Roma, è invecchiato di colpo, per aver detto che voterà no. Bersani aveva la possibilità di tornare nuovo votando sì, ma pare si orienti per il no, senza redimersi. Non ce la fa.
Berlusconi, il vecchissimo, ha avuto una nuova giovinezza durante il Nazareno, salutato come credibile partner costituente, ma si è consegnato alla vecchiaia perché poi ha preso le distanze dal nuovo e dalla riforma che avevano scritto insieme.
Berlusconi è vecchio, quindi, ma i berlusconiani, che hanno sempre condiviso con Berlusconi tutte le scelte per le quali i fautori del sì attaccano Berlusconi, sono nuovi.
Dalla A di Alfano alla V di Verdini. Nuovissimi. Come Formigoni, una nuova proposta. a suo tempo turboregionalista, ora fautore del sì. O Buttiglione, che porta con sé un certo qual senso di eternità.
Tra gli ex-segretari del Pd il già vice-disastro (cit.) e anche il disastro sono fautori del nuovo, così come Fassino, rinnovabile, diciamo. Non come Bersani.
La pur silenziosissima Bindi sembra appartenere invece al vecchio, pur avendo votato sì in aula, mentre Parisi è nuovo.
Insomma, ci sono vecchi e nuovi a seconda dell’umore del premier e dello spin del momento.
Ci sono anche comunisti da citare molto a vanvera, come Enrico Berlinguer e Pietro Ingrao, mentre il comunista (indipendente) di allora che c’è ancora, Stefano Rodotà, vota no. Strano.
La verità è che ci sono ragioni di cultura politica per cui alcuni sono a favore, e altri no. Ci sono anche ragioni di convenienza, da una parte e dall’altra. Ci sono rancori e inimicizie, sulle quali peraltro si è fondata questa legislatura, fin dal suo inizio, e anche la composizione degli esecutivi che l’hanno guidata.
Il trucco del vecchio e del nuovo questa volta non funziona, anche perché si tratta di cosa vecchissima: la Costituzione. E le nuove riforme – come quella di Berlusconi bocciata dai cittadini nel 2006 e che si occupava, tra l’altro, di bicameralismo e di riduzione dei parlamentari – non erano poi così nuove, esattamente come questa.
Quella del 2001 poi fu votata anche da persone che ora sono per ribaltarla, con la riforma del 2016: sono le stesse persone, che erano in Parlamento già allora. Le. Stesse. Persone. Tipo Benjamin Button: vecchie da giovani, ma dopo quindici anni ringiovanite.
Finocchiaro (che di riforme ne ha viste molte, in Parlamento dal 1987), il nuovissimo Fioroni e molti altri meno noti votarono sì alla riforma del titolo V («più poteri alle Regioni») e hanno votano sì alla controriforma del titolo V («meno poteri alle Regioni»). Al referendum succederà anche ai già citati Fassino e Violante e anche a Berlinguer (Luigi), che allora erano parlamentari.
Perciò dire che da una parte ci sono i nuovi e dall’altra i vecchi è semplicemente falso. E scorretto. E inutile. Perché i cittadini, giovani e anziani, vecchi e nuovi, saranno consapevoli nel voto più di quanto non lo siano i commentatori. Vecchinuovi o nuovivecchi.
«Poniamo dunque da canto la ragione dell’antico e nuovo, atteso che non è cosa vecchia, che non sii stata nuova: come ben notò il vostro Aristotele», scrisse Giordano Bruno. E potremmo aggiungere sommessamente ora: «non è cosa nuova, che non sii stata vecchia».
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