Ieri mi hanno scritto due ventenni – peraltro molto "sul pezzo" – dicendo che sono troppo politically correct, che sono troppo garbato, che vogliono vedermi più «incazzoso».

Mi dispiace, ma proprio ieri, mentre scorrevano le immagini scalmanate nel confronto tra militanti vs. giornalisti (uno spettacolo orrendo), e la propaganda social dei sostenitori del governo proseguiva con il solito dileggio di chi non la pensa come loro (a cui basta un sì, senza rendersi conto che è lo slogan perfetto da yesman), penso che vada benissimo così.

Non che la mia sia una scelta tattica: sono fatto così.

Non sopporto i cori russi (cit.), la politica finto-rock, la battuta denigratoria dei potenti verso i più deboli, il dileggio sistematico. Mi fanno sorridere i militanti che pappagallano un refrain molto in voga a Palazzo Chigi che funziona così: «nome dell'avversario politico + chi?». Perché spesso sono anonimi, o pseudonimi. E a star dietro a chi prende le decisioni per loro, alla fine non sono loro a decidere. E a contare. Basta un sì, giusto?

Dei tempi nuovi mi ha sempre colpito la potenza liberatoria del vaffa, ma mi ha sempre preoccupato la modalità sistematica con cui viene impiegato, facendo di ogni erba un fascio (guarda un po') e mettendo tutti dalla stessa parte della corruzione, dello schifo, della merda.

Un noto esponente che attende di andare al governo una volta disse in tv che ero la mafia. Mi chiamarono da casa, preoccupati. Altri hanno usato argomenti che poi si sono rovesciati, in una sorta di nemesi, che è ben più di una semplice contraddizione (in termini): è una cifra politica della nostra epoca, sulla quale sarebbe molto interessante indagare.

Chi alza i toni, solitamente abbassa il livello. Chi predilige la quantità e la ripetizione, spesso perde di vista l'argomentazione. Chi si affida a slogan iperveloci, dimentica sempre qualcosa (la storia della gatta frettolosa, per capirci).

Chi tira fuori le palle, come abbiamo già avuto modo di dire, di solito tira fuori anche le balle, se mi concedete l'espressione di retaggio milanese.

Chi la spara troppo grossa, poi si ritrova poco credibile. Ed è tutto un accapigliarsi senza fine. E senza meta.

Non è solo una questione di buona educazione, è una questione poltiica. Di buona politica.

 

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