Personalmente e con Possibile sosteniamo questa raccolta di firme promossa da alcuni docenti universitari a proposito delle cattedre Natta.
Gentile Presidente,
il Dpcm relativo alle Cattedre Natta – apprendiamo dalla stampa – stabilisce che le venticinque commissioni incaricate di valutare i candidati ai 500 “superposti” previsti in deroga all’Abilitazione scientifica nazionale siano presiedute da commissari nominati dalla Presidenza del Consiglio. Già l‘istituzione di queste cattedre ha destato grandi perplessità, trattandosi di una misura che crea un percorso parallelo e discrimina tra studiosi anche di pari professionalità; costituisce un diversivo rispetto al problema del miglioramento complessivo del sistema universitario; delegittima quel sistema, che pure qualcosa di buono produce se, ad esempio, nelle valutazioni internazionali la produttività scientifica italiana si colloca in ragguardevoli posizioni. Perplessità ha destato anche il fatto che organi quali la Conferenza dei Rettori e il Consiglio Universitario nazionale non siano stati consultati come se l’intero universo che ha a che fare con l’accademia dovesse essere “punito” e accantonato in nome di una “rivoluzione dall’alto” diretta da Palazzo Chigi.
Ma oggi vorremmo sensibilizzarla in particolare rispetto alla previsione delle nomine delle commissioni di concorso, che ha destato in noi innanzitutto grande sorpresa e serissima preoccupazione. Dare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri la facoltà di selezionare i presidenti di quelle commissioni è una scelta totalmente eccentrica nel panorama internazionale, non ha paragoni nei sistemi democratici, e lede principi essenziali della democrazia liberale, quali l’autonomia dell’insegnamento e della scienza, che i costituenti non a caso vollero tutelare nella prima parte della nostra Costituzione, all’articolo 33, che come è noto recita:
“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
L’intromissione diretta di Palazzo Chigi in un concorso pubblico ci appare grave di per sé e per il precedente che rappresenterebbe per il futuro, a causa del legame che istituisce tra la maggioranza politica del momento e la scelta di docenti universitari e, di conseguenza, il contenuto della ricerca e dell’insegnamento. Tra le istituzioni politiche, e anche i singoli governi, e l’Università possono crearsi positive sinergie, ma non è pensabile che politica e governi concepiscano il mondo universitario come un’appendice del proprio potere.
L’autonomia universitaria costituisce un fattore cruciale per il buon funzionamento di ogni democrazia, non solo per il suo sviluppo economico, ma anche per lo sviluppo pluralistico di idee, visioni, scuole, iniziative nella società. Una società liberale necessita di un’Università libera e con questa iniziativa e l’imposizione di commissari “governativi” si invia invece il messaggio che quella libertà può essere vincolata dalle preferenze di chi è al potere di volta in volta. L’Università ha molti problemi, certo, ma non è in questo modo che potranno essere risolti.
Per questo ci auguriamo che possiate rivedere una tale decisione.
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