500 milioni ai poveri, 500 milioni ai ricercatori, 500 milioni alla Sanità.
Già non sono 500 milioni, come ha spiegato la Ragioneria generale dello Stato, dipartimento del Mef e, quindi, del governo.
La riduzione dei costi del Senato si attesta intorno ai 50 milioni, l'abolizione del Cnel (che avrebbe potuto essere votata dal Parlamento con legge di riforma costituzionale apposita, senza essere sottoposta al voto dei cittadini) vale 8 milioni.
Altre riduzioni sono tutte da verificare, dice la Ragioneria: mi riferisco agli stipendi dei consiglieri regionali (che in alcuni casi, se parametrati sul sindaco della città capoluogo di Regione, potrebbero anche aumentare) e alle spese accessorie dei gruppi consiliari, che valgono ancora meno.
500 milioni corrispondono a un dato inesistente, a una proiezione propagandistica, a una fata morgana.
In compenso Renzi li ha già triplicati: prima 500 milioni per i poveri, poi per ricercatori e infermieri, poi per la Sanità in generale.
Facciamo notare, infine, che nella legge di bilancio sono scomparsi proprio i 500 milioni per i poveri, inizialmente stimati nelle bozze della legge, e spariti all'atto della presentazione al Paese e alla Camera, in particolare, dove si sta discutendo in Commissione Bilancio.
In questo caso è stato Renzi a dire No, a non trovare le risorse per implementare fondo e servizi per i meno abbienti. Esattamente 500 milioni – una cifra piccola, in ogni caso, per affrontare il problema – che non ci sono più.
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